La quarantena è finita, ma il tuo umore è peggio di prima? Ecco come uscirne!

L’estate è cominciata e le immagini dei carri militari che trasportavano bare sembrano dimenticate. La gente ha ricominciato ad uscire, a frequentare gli amici, i bar, i ristoranti. Tutto sembra tornato (quasi) come prima… E lo stato d’animo positivo con cui molte persone hanno ben affrontato l’isolamento, pare tornato negativo.

Eh, sì, perché non tutti si sono sentiti depressi nel dover rimanere per forza in casa. Ci sono infatti quelli che, senza esserne consapevoli, ci hanno persino guadagnato in termini di umore e hanno usato il tempo nel modo migliore, dedicandosi a lavori e attività di cui sono capaci e che hanno regalato loro soddisfazione e benessere.

Se ci pensate non è poi tanto strano.
Faccio un esempio: se mi trovassi sola in un periodo della vita, senza partner né amici, “essere obbligata” all’isolamento e sapere che nessuno può uscire a divertirsi… beh, potrebbe persino essere consolante. Stessa cosa se conducessi una vita estremamente stressante a causa del lavoro e ogni week-end mi trovassi così stanca da non avere nemmeno l’energia per uscire e distrarmi.

I conti sono presto fatti: durante la quarantena, sui social niente più foto di aperitivi, balli scatenati, paesaggi mozzafiato e cenette romantiche. Tutti chiusi in casa a postare foto dei piatti cucinati o a condividere video divertenti per tenere alto il morale.

Ma adesso…?

Ora che la vita torna a scorrere, i social si riempiono di miliardi di selfie: chi è in spiaggia, chi brinda con gli amici, chi gira in moto con la persona amata, chi organizza grigliate e chi cena a lume di candela col partner. Insomma… tutti sembrano felici e appagati…
Tranne chi era solo durante il Covid-19 e solo si ritrova.

Queste persone, purtroppo, ripiombano nella loro quotidianità pre-Covid, ovvero a quando si sentivano abbattute, tristi, in ansia per non avere quello che hanno gli altri (amici, partner, week-end speciali).
E “credono” alla felicità che gli altri postano sui social, trascorrendo tempo a sfogliare gli album altrui e convincendosi che loro una vita così non ce l’avranno mai!

Se solo sapessero quanta finzione c’è in molte di quelle foto!

Come certe coppie ritratte in mezzo agli amici, perché da sole non saprebbero cosa dirsi… O sorrisi che mascherano una enorme tristezza, un amore finito da tempo o un senso di vuoto incolmabile…Ma chi sente di nuovo l’enorme peso della solitudine, a questo non pensa. Vede tutto il negativo che c’è nella propria vita e tutto il (falso?) positivo nella vita degli altri e… sta male.

E allora?

Allora sarebbe meglio darsi un sano obiettivo, ovvero quello di non seguire più i profili degli pseudo-amici di FB per un po’.
Magari dargli un’occhiata solo una volta o due alla settimana e spendere il tempo per dedicarsi a qualcosa che piace e che non si poteva fare prima a causa della quarantena.

Prendere consapevolezza del fatto che molte persone vivono solo “in vetrina” e che la felicità che mostrano è spesso apparente.

E se si è soli, al posto di considerarla una sfortuna o una tragedia, guardare alle mille opportunità che si possono cogliere, se si è disposti a mettersi in gioco. Perché essere liberi da legami permette di fare scelte che vanno incontro ai propri reali bisogni.

Perciò… ci si può iscrivere, ad esempio, a un gruppo che ama la fotografia e organizza uscite all’aperto o decidere di aggregarsi a gruppi che usano le ferie per fare il cammino di Santiago o la Via Francigena o ancora frequentare un corso di vela dove fare nuove amicizie.

Qualsiasi cosa va bene, purché trasmetta il piacere di vivere ai propri ritmi, seguendo i propri bisogni e desideri, senza essere frenati, ostacolati o condizionati da nessuno.

Vuoi affrontare al meglio le tue difficoltà? Allora sviluppa la pace interiore.

Cosa cerchiamo consapevolmente? Il lavoro, la salute, il denaro, il divertimento, la felicità…
Ma nel profondo siamo tutti alla ricerca della pace interiore, quella che ci permette di affrontare anche i momenti peggiori senza esitare, senza essere paralizzati dalla paura.

E cosa volere di più se non vivere senza paura (che è spesso legata ad esperienze del passato) e senza ansia (legata al pensiero del futuro)?
Per farlo, dobbiamo concentrarci sul momento presente, cercando di cogliere il meglio che possiamo.

E’ nell’oggi che possiamo trovare le occasioni, ma dobbiamo saperle vedere e volerle cogliere.
Invece siamo così focalizzati sul futuro, così lontano, così incerto, così fuori dal nostro controllo, che ci lasciamo scappare il meglio dell’oggi. Ma è solo il presente ciò che abbiamo veramente. E’ l’unica certezza.
Eppure noi ce la facciamo sfuggire.

Chi ha genitori ottantenni, è cresciuto sentendosi ripetere che “pensare solo all’oggi è da incoscienti”. Bisogna essere lungimiranti, ma ciò non vuol dire evitare di vivere il momento presente. Una cosa non esclude l’altra e, dato che al futuro pensiamo già continuamente, forse dovremmo cominciare a vivere giorno per giorno, assaporando ciò che abbiamo.

Basta pensare, pensare, pensare. Impariamo a godere di ogni piccolo momento e per farlo tiriamo il freno a mano. Sì, cioè, rallentiamo, fermiamoci di tanto in tanto.

La nostra vita è simile a un viaggio in cui ci sono delle soste, dei rallentamenti, dei momenti in cui ammiriamo il paesaggio dal finestrino e altri in cui dobbiamo accelerare. Ma comunque, viviamo istante dopo istante. E così dovremmo fare nella nostra quotidianità.

E allora iniziamo dalle piccole cose, come assaporare lentamente il cibo, ascoltare con attenzione ciò che ci viene raccontato, coltivare la gratitudine verso chi ci ha fatto del bene e dedicarci a un’attività che ci faccia provare gioia e soddisfazione.

Non servono grandi gesti per iniziare a sentirci in pace, ma di sicuro serve allenamento. Cercare la pace interiore è un lungo cammino, che non si può percorrere a tempo perso: richiede dedizione. Una dedizione però che poi regala uno stato di benessere veramente duraturo.

Perché, come dice, Lao Tzu:

Se sei depresso stai vivendo nel passato.
Se sei ansioso, stai vivendo nel futuro.
Se sei in pace, stai vivendo nel presente.

Madre Teresa di Calcutta: “Messaggio per donne straordinarie”.

Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,
i capelli diventano bianchi, i giorni si trasformano in anni….

Però ciò che è importante non cambia;
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.

Il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di ragno.

Dietro ogni linea d’arrivo c’é una linea di partenza.
Dietro ogni successo c’é un’altra delusione.

Fino a quando sei viva, sentiti viva.
Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo.

Non vivere di foto ingiallite.

Insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.
Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c’é in te.

Fai in modo che al posto della compassione, ti portino rispetto.

Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.

Però… non trattenerti mai!!!

Essere felici è davvero possibile?

Da molti anni sulle riviste, nei blog, nelle pubblicità sentiamo parlare di quanto sia importante essere felici.
E molte volte, lo confesso, ho pensato “Ma che scoperta! E’ ovvio che sia importante, perché quando sei felice riesci a fare tutto meglio… Persino a stare meglio di salute!”.

E allora perché continuano a parlarne?

Nella Dichiarazione d’indipendenza americana (4 luglio1776) si legge che “a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità”.

Trovo meraviglioso aver diritto alla felicità!

Ma come la mettiamo con la realtà di tutti i giorni?
Vallo a dire a chi perde il lavoro, a chi si ammala gravemente, a chi non riesce ad avere figli, a chi non trova l’anima gemella…
E pure a chi ha i figli, il partner, il lavoro, che però gli procurano solo problemi, pensieri, notti insonni.

Credo allora sia importante riflettere sul concetto di “felicità” e farlo qui, ora, insieme.
Solo così potremo orientarci nella direzione giusta per trovarla.

Diciamo subito che la felicità non è uno stato permanente, senza pensieri né crisi e dove la vita procede senza scossoni.

Sarebbe infantile e sciocco immaginare di vivere tutti i giorni toccando il cielo con un dito.
Eppure tutti noi abbiamo provato questa emozione in occasione della nascita di un figlio, della dichiarazione dell’amato, della laurea, del raggiungimento di un traguardo…
Momenti dove abbiamo sentito battere forte il cuore, ma che hanno avuto breve durata. Un’eccitazione che non può durare anni, è ovvio.

Perciò scartiamo l’idea che la felicità sia quell’ebrezza che ci fa vedere il mondo “rosa”.

La felicità non coincide nemmeno con il concetto ormai diffuso del “prima io e poi gli altri”, perché è troppo facile stare bene ignorando o calpestando i bisogni e i diritti degli altri.

Ci sono poi le pubblicità, che ci bombardano di messaggi dove – per essere felicedevi “possedere” qualcosa: l’eterna bellezza, i “Like” sulle tue foto, l’abbigliamento griffato, il fuoristrada, la casa lussuosa… E poi devi andare alla Spa, mangiare cibo biologico, trovarti con gli amici per l’happy hour anche se hai l’influenza…

Questa non è felicità: è qualcosa di effimero, passeggero e se abbiamo questa idea della felicità, saremo infelici per tutta la vita. Niente ci appagherà mai abbastanza.

Ma allora come si fa ad essere felici?

Possiamo arrivarci cercando di mettere in equilibrio le sfere della nostra vita: il lavoro, le relazioni, la cura di noi stessi.

Perciò non serve che ci batta forte il cuore.

L’importante è riuscire a provare soddisfazione per ciò che facciamo e abbiamo.
Vivere giorno dopo giorno con uno stato d’animo positivo.

Sì!, bello!, ma se non proviamo tutta questa soddisfazione?

Allora dobbiamo andarcela a cercare! Tocca a noi migliorare la nostra situazione!

Lo vogliamo o no raggiungere questo stato d’animo positivo?

E allora non lasciamoci fermare da dubbi, esitazioni.
Nessuno in famiglia lo capisce?
Eh, pazienza! Faremo da sole.
Cercheremo una soluzione e ci metteremo in gioco come se si trattasse di una sfida.

Gli ostacoli da superare ci paiono montagne?
Il desiderio di stare bene deve essere più forte.

E poi cerchiamo e troviamo dei validi alleati: medici, allenatori, life coach…

L’importante è non rinunciare ad essere “felici”.

Stanca? Pigra? Niente affatto!

Una donna mi dice: “Sa quante volte non ho voglia né energia per andare in palestra, ma mi obbligo a farlo? Sì, perché altrimenti mi impigrisco!”.

Ma la pigrizia non c’entra.

Conosco persone che corrono anche dopo 10 ore di lavoro, magari con la pioggia e il buio;
altre che fanno trekking in montagna sotto la neve; altri che pedalano pure d’inverno, col freddo che fa e altri ancora che vanno a nuotare, saltando la cena.

Non sono “più determinati” degli altri.
Hanno semplicemente trovato l’attività che li appassiona.

E quando qualcosa piace, fa stare bene… non si vede l’ora di farla.

Ecco dunque la risposta:

fare un’attività che ci regala uno stato di grande benessere, senza finalizzarla per forza a dimagrire, tonificare o quant’altro.

Praticarla perché ci piace e il pensiero di ripetere l’esperienza è già una gioia.

Scopri chi sei grazie agli amici che hai!

Noi adulti parliamo spesso ai ragazzi di quanto sia importante avere amici e ci preoccupiamo se non ne hanno tanti. Oppure ci lamentiamo con loro perché i ragazzi con cui escono, secondo noi, non “vanno bene”. E magari facciamo loro la predica affinché a scuola scelgano come compagno di banco “quello giusto”.

Ma cosa vuol dire?
Cosa intendiamo con “giusto”?
Proviamo a pensare a noi.
Sì, proprio a noi adulti.

Quando un amico è “giusto” per noi?

Ce lo siamo mai chiesti?
Io non credo…

Non esiste l’amico “standard”. Sì, insomma, quello con delle caratteristiche che verrebbero apprezzate da chiunque.

Magari abbiamo amici estremamente dinamici, che non stanno mai fermi e ci propongono sempre attività di movimento (bici, calcetto, corsa, trekking, nuoto) e a noi va bene così perché li consideriamo stimolanti. Magari abbiamo amici amanti del cinema, che vorrebbero facessimo abbonamenti e iscrizioni a circoli cinefili, oppure abbiamo amici appassionati di libri, che apprezziamo perché con loro possiamo riflettere e confrontarci su ciò che leggiamo.

Perciò, la prima cosa da fare è chiarirci:

“Chi è l’amico giusto per noi”?

Mettiamo quindi da parte il discorso dei figli, dei ragazzi, degli adolescenti e guardiamo a noi.

Di che cosa abbiamo bisogno per stare bene?

Prima o poi dobbiamo domandarcelo per capire se ci siamo circondati degli amici “giusti” per noi.

Faccio un esempio tratto dalla realtà:
una giovane donna che ho seguito con il Life Coaching, parlando delle sue relazioni amicali, mi ha detto: “Non so, non capisco che cosa mi stia succedendo: le amiche di sempre con cui ho condiviso vacanze, feste, divertimenti, non mi interessano più. E’ come se con loro mi annoiassi. Le trovo addirittura superficiali! E mi chiedo come sia possibile, visto che non è successo niente tra noi!”.

In realtà non è successo niente “tra loro”, ma “in lei” sì.
Il fatto stesso di aver iniziato un percorso di Life Coaching, di ricerca e scoperta delle sue potenzialità, l’ha messa su un binario diverso rispetto alle sue amiche focalizzate su aspetti della vita meno profondi.
Ed è così che succede per alcune persone: certi amici frequentati fino a quel momento perdono un po’ di smalto, sono meno interessanti e il desiderio di vederli si affievolisce.

Non significa che siano “sbagliati” e nemmeno che siamo “sbagliati” noi.
Semplicemente non rispondono più ai bisogni che sentiamo importanti da soddisfare per stare bene.

Torno all’esempio di prima:
se quella giovane donna ha perso l’interesse per le discoteche, gli aperitivi, lo shopping, perché si è resa conto che non le regalano una vera felicità e ha sentito il bisogno di mettersi in cammino per conoscersi davvero e migliorarsi come persona… è evidente che quelle amicizie non siano più adatte a lei, perché non sono più in sintonia con ciò che lei cerca.

Forse anche ad alcuni di noi – in questo periodo – sta accadendo lo stesso.
O magari è da tempo che siamo scontenti delle amicizie che abbiamo.
Magari non abbiamo più alcun dubbio dell’invidia di qualcuno nei nostri confronti.
Magari ci ha sfiorato il pensiero che l’amico tal dei tali sia un opportunista e i fatti sembrano confermarcelo.

Ed è dura accettare di aver voluto come amico/a qualcuno che non ha fatto né voluto il nostro bene; che ci ha manipolati senza che ce ne rendessimo conto.

Ma niente paura!
Se ora ci siamo svegliati, vuol dire due cose:

  • Che siamo consapevoli
  • Che probabilmente non erano “veri” amici.

Allora domandiamoci:

“Con chi voglio stare?”.

Prendere questa decisione è di sicuro una scelta importantissima, perché

le persone con cui trascorriamo il tempo tutti i giorni sono quelle che “ci plasmano”.

Se – ad esempio – vogliamo migliorarci, crescere come persone e professionisti, scegliamo di frequentare persone/amici che mirano a migliorare sempre se stessi e le proprie prestazioni.
Se vogliamo essere felici, cerchiamo di frequentare persone che lo sono o che tendono ad esserlo.
Se vogliamo essere determinati, cerchiamo amici che siano tenaci.

Aristotele, grande filosofo, diceva che l’amicizia si basa su tre elementi: l’utilità, il piacere, la virtù.

L’utilità è tipica sul lavoro, nella collaborazione tra colleghi, ma anche nello sport (come tra i compagni di squadra): ci si rispetta, ci si apprezza, ma è un tipo di amicizia che tende ad indebolirsi col tempo (come quando un collega va in pensione o cambia azienda).

L’amicizia basata sul “piacere” è molto diffusa: sono amici che amiamo frequentare perché con loro ci divertiamo tanto. Già! Ma dopo anni (come la giovane donna di cui vi parlavo) può capitare di non divertirsi più tanto ed ecco che il legame si spezza.

Se invece l’amicizia è fondata sulla “virtù”, allora stiamo certi che durerà a lungo, perché significa avere scelto amici che arricchiscono la nostra vita (e viceversa) e che ci sostengono, ci ispirano, persino ci sfidano.
Questi amici sono rari anche perché illuminano i nostri pensieri e – se perdiamo di vista il nostro traguardo – ci indicano dov’è.
Questi sono gli amici veri! Quelli con cui stare bene…

Capire di “quali amici” ci siamo circondati è anche un modo per capire meglio noi stessi e le nostre scelte.

E, perché no, essere in grado di distinguere la vera amicizia da quella falsa, interessata.

Riflettiamoci…

perché la vita è una e tutti noi abbiamo tempo ed energie limitate per viverla.

Smettiamo di essere delle “isole” e guadagniamo in serenità!

“E’ tutto uno schifo!”, “Va tutto male!”, “Non funziona niente!”, “E’ colpa della società!”…
Quante volte ascoltiamo o produciamo continui mugugni fini a se stessi?

La verità è che siamo diventati delle isole: ciascuno per sé e nessuno per tutti!

Abbiamo frainteso il suggerimento di “pensare un po’ a noi stessi” e l’abbiamo trasformato in “prima io e poi gli altri”.
Questo – a sua volta – si è tradotto in mancanza di attenzione, di ascolto, di rispetto per gli altri.

La saggezza insita nel concetto “la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri” è diventata “prima di tutto viene la mia libertà – ovvero tutto ciò che voglio fare – e gli altri si arrangino”.

In tutta sincerità, mi fa male scrivere questa riflessione, che è frutto di anni di osservazione di questa “nuova” umanità, perché io non mi sento e non sono così.
Tuttavia, si sa, bisogna necessariamente generalizzare, anche se questa esigenza mi fa venire l’orticaria!

Per cambiare le cose, però, questa pseudo-filosofia non funziona.
Basta guardare come ci siamo ridotti…: imbronciati, cupi, infelici.

Non è mettendosi sempre ed esclusivamente al centro di tutto che si diventa felici: esistono anche gli altri.

Già: gli altri! Quelli per i quali si sprecano le critiche, i giudizi, le cattiverie.
E di solito si tratta di critiche “distruttive” e non costruttive.
E’ sufficiente leggere i commenti sui social per rendersene conto.
L’intento è demolire l’altro: la sua (buona) immagine, la sua (seria) professionalità…

Si distrugge l’altro per emergere e, la cosa peggiore è che lo si fa davanti a chi sta crescendo, ai figli, che così imparano immediatamente a fare lo stesso.

“Ma cosa ci possiamo fare se il mondo va così?”.

Ehhh, troppo facile risolvere la questione in questo modo, con un “me ne lavo le mani”, mi arrendo, non è affar mio!

Le cose si possono cambiare. Noi possiamo cambiare.

“Di impossibile non c’è niente, se stiamo uniti” dice il personaggio di un romanzo di Andrea Vitali. Ed è così!

Iniziamo dal nostro vivere in famiglia:

  • facciamo sentire ai figli che papà e mamma sono “uniti”, che si vogliono bene e si trattano con rispetto. Eliminiamo quindi le liti e le discussioni davanti ai figli, soprattutto le critiche offensive e le esclamazioni con parolacce.
  • Alimentiamo in casa la bellezza di “essere uniti” in famiglia: l’importanza di andare d’accordo, di trovare soluzioni che accontentino un po’ tutti, che regalino serenità.
  • Valorizziamo i componenti della famiglia: tutti e non solo chi ha più affinità con noi.
  • Usiamo un linguaggio positivo, che incoraggi ad affrontare i problemi, le sfide e stimoli ad agire (piuttosto che a criticare e basta).
  • Insegniamo ai figli la ricchezza di aiutare chi è in difficoltà (magari dando una mano ad un compagno che viene un po’ isolato per la sua timidezza).
  • Diamo il buon esempio come adulti, trattando con gentilezza le altre persone e dedicando loro un po’ della nostra attenzione.

Se ci impegneremo a mettere in pratica quotidianamente questi semplici comportamenti, allora sì che cambieremo le cose.

Allora sì che smetteremo di essere e di crescere delle “isole”.

E col passare del tempo, questa “unione” balzerà agli occhi degli altri e sarà d’esempio a qualcuno che deciderà di fare lo stesso.

E l’input sarà inarrestabile… così come i suoi meravigliosi risultati,

perché smettere di essere delle aride “isole” può solo regalarci gioia e serenità.

Impariamo ad accettare i complimenti!

Una mia caratteristica è quella di essere molto attenta alle persone che mi circondano, siano esse amiche o semplici conoscenti.
Mi soffermo sulle espressioni del loro viso, noto se calano o aumentano di peso, se hanno un nuovo taglio di capelli, se cercano angoli di solitudine…
Insomma, qualche adolescente – in modo scherzoso e affettuoso – dice che “non mi scappa niente”.

Fatto sta che settimana scorsa mi è capitato, entrando in classe, di notare immediatamente che uno dei miei studenti avesse cambiato il suo taglio di capelli.

Me ne sono accorta anche se era in fondo alla classe e davanti a lui, in piedi, c’era una compagna molto alta.
Non ho perso tempo ed essendo molto spontanea, gli ho fatto giungere il mio apprezzamento con un sonoro: “Woww! Hai tagliato i capelli! Stai proprio bene!”.

Momento di silenzio: tutti si sono girati a guardarlo, come non si fossero accorti, nonostante fossero in classe da due ore.

Lui, che cercava di nascondere l’imbarazzo, si è affrettato a replicare: “Ma no… Li ho appena spuntati sui lati!”.

Signori, vi garantisco che il taglio era completamente diverso: capelli cortissimi e ciuffo ingellato all’indietro!

Perché vi racconto questo fatto?

Perché anche noi adulti siamo soliti minimizzare, quando ci viene rivolto un complimento: al posto di riceverlo, di apprezzarlo e ringraziare, cerchiamo di toglierci subito dall’impaccio, come fosse qualcosa di negativo da cui scappare.

Ci avete mai fatto caso?

E’ un po’ come dire: “Meglio le scarpate in faccia!”.

Che cosa ci impedisce di rispondere un sincero “Grazie!”, accompagnandolo magari con un bel sorriso spontaneo?

Secondo voi, chi vi ha mosso quel complimento, preferirebbe ricevere una risposta evasiva o un bel “grazie”, ovvero la conferma che avete gradito il suo apprezzamento?

Sono certa che sia il “grazie” ciò che vorrebbe ascoltare!

Se una sola parola ci sembra poco, per uscire dall’improvviso imbarazzo, potremmo aggiungere: “Grazie! Sei molto gentile!” o “Grazie! Mi fa piacere!” o ancora “Grazie! Wow! La mia autostima è cresciuta con questo tuo complimento!”.
Insomma, a seconda del vostro carattere, potete scegliere che cosa aggiungere…
Ma non minimizzate!

Godetevi quel momento…
Sono così pochi i complimenti e così tante le critiche distruttive!

La nostra autostima si nutre anche di commenti positivi, che magari sono conferme per noi.

Pensate a quello studente che certamente ha voluto cambiare quel taglio di capelli per apparire più carino, più cool…
Rendersi conto che qualcuno – all’infuori dei familiari – abbia apprezzato, gli dà la conferma di aver scelto bene (imbarazzo a parte!).

Perciò… sforziamoci di “accogliere” i complimenti: gioiamo nel riceverli e facciamone tesoro.

Magari, come già stanno facendo i miei studenti,

trascriviamoli su un nostro quaderno: così resteranno per sempre e ci aiuteranno a superare quei momenti in cui – di noi – vedremo solo gli aspetti negativi.

 

Ecco perché sono diventata una Life Coach…

Sono diventata una Life Coach
perché tutte le volte che in vita mia sono riuscita
a raggiungere un nuovo obiettivo
mi sono sentita estremamente felice.

Sono diventata una Life Coach
perché tutte le volte che ho portato gli altri al loro traguardo
ho sentito di essere felice per loro.

Sono diventata una Life Coach
perché ho sempre fatto tutto da sola,
ma mi sarebbe piaciuto ogni tanto
avere un aiuto.

Sono diventata una Life Coach
perché non voglio
che nessuno resti solo e
per questo rinunci al suo sogno.

Credo sinceramente
che solo chi abbia sperimentato
la gioia e il dolore;
solo chi abbia vissuto sulla propria pelle
la perdita (di qualcuno o qualcosa),
la delusione, la rabbia, la frustrazione,
ma anche
il riscatto e la soddisfazione;
solo chi sia caduto e si sia fatto male,
ma abbia imparato a rialzarsi ogni volta;
solo chi abbia già conosciuto molto
di quel mistero che
chiamiamo Vita,
possa davvero diventare LIFE Coach.

Perché le teorie, i metodi, le strategie,
non bastano da soli: rischiano di essere
belle parole studiate nei libri,
ma soltanto parole.

E le parole, per quanto intense,
se non sono supportate dalle esperienze,
possono dare emozioni,
ma non possono “toccare” nel profondo.

Solo se hai vissuto certi sentimenti,
riesci a “sentirli” davvero nelle parole degli altri.
A coglierli nella persona che affianchi in un percorso.

E questo, secondo me,
è ciò che deve saper fare
una brava Life Coach:
ascoltare con “testa, cuore e pelle”,
padroneggiare perfettamente il metodo,
aggiornarsi continuamente
per affiancare al meglio chiunque le chiederà aiuto.