Il fondamentale rapporto padre e figlia: cosa fare quando diventa difficile?

Se sei un papà, sai bene che quando tua figlia era piccola, ti adorava e non vedeva l’ora di trascorrere del tempo con te, per giocare insieme. Tu la guardavi ammirato e intenerito: amavi vederla crescere, anche se un po’ ti dispiaceva, perché volevi che restasse sempre “la tua piccolina”.

Poi gli anni sono volati e te la sei ritrovata cresciuta! Tu non sei più il suo eroe e a te lei preferisce le sue amiche. Non sei più neppure il suo “principe azzurro”, perché ormai ha messo gli occhi su qualche ragazzino imberbe.

Cosa fare, quindi, quando il tuo rapporto con lei diventa all’improvviso difficile?

Certamente ti risulta difficile amarla in modo incondizionato e cercare di starle vicino, visto che lei ti allontana e non ti ascolta più. Soffri e il rischio che vedi è quello di una frattura tra te e lei, soprattutto in seguito a scontri e incomprensioni.

Fortunatamente, il rapporto padre-figlia, seppur incrinato, può tornare sano e positivo.
Basta che tu, papà, faccia la prima mossa.

Ecco come:
1) Capirla, amarla e rispettarla.
Chiedile cosa puoi fare per lei e non aver timore di dirle: “Mi dispiace”, se serve.
Chiedi aiuto a tua moglie, affinché ti spieghi in privato che cosa non va, così che tu possa dimostrare a tua figlia l’amore incondizionato di cui ha bisogno.
Falle capire che sei lì per lei e lo sarai sempre.
Trattala sempre bene e mostrale che porti rispetto anche a sua madre (anche se magari siete separati o divorziati).
In questo modo imparerà quanto sia importante – da adulta – continuare ad essere trattata da un uomo con gentilezza, rispetto e attenzione.
2) Sii paziente!
Durante una discussione, più tu riuscirai a essere paziente, più lei si calmerà e capirà che si può discutere senza litigare.
3) Ascoltala senza dare consigli.
Quando lei ti espone un problema, non avere fretta di risolvere il suo problema. Magari lei ha bisogno solo di essere ascoltata per capire che cosa fare.
4) Lasciala essere se stessa.
Tua figlia è diversa da te? Fa scelte diverse da quelle che vorresti? Puoi cercare di riflettere insieme a lei, ma non puoi cambiare ciò che è. Parlate della sua vita in fondo, non della tua.
5) Falle vedere il positivo.
Quando da piccola dipinge e ti rendi conto che quello che fa non è un granché, ridici sopra insieme a lei. Non giudicarla. Trova qualcosa di positivo da farle notare. Questo tuo atteggiamento positivo la accompagnerà per tutta la vita.
6) Passa del tempo con lei.
Che sia un film o una pizza, ogni tanto portala fuori per condividere ciò che le piace fare. Sarà più disposta al dialogo e questo momento tutto vostro avvicinerà entrambi.
7) Mantieni le promesse.
E’ importante che lei abbia fiducia in te.
8) Rispetta la sua privacy.
Perciò non frugare fra le sue cose né analizzare tutti i contenuti delle sue chat. Dimostrale che rispetti i suoi limiti, soprattutto se è adolescente.
9) Cerca di conoscere il suo mondo.
Vuol dire che devi cercare di capire perché adora certi programmi TV o certi cantanti. Impara i nomi dei suoi amici, memorizza ciò che le piace. In questo modo la distanza tra te e lei si accorcerà.
10) Evita di criticarla apertamente.
Le adolescenti si “offendono” facilmente e mettono il muso a lungo. Perciò, se vedi che è ingrassata, al posto di dirglielo, proponile di venire a correre con te. Lei ha bisogno che tu sia protettivo e non negativo.
11) Dille che è bellissima.
Non è questione di dirle le bugie o trasformarla in una narcisista. Una figlia ha bisogno di sapere che il papà la considera bella, così che – se il mondo le dirà il contrario – lei non ci crederà (e quindi non ne soffrirà).
12) Insegnale cose “da maschio”.
Le cose da “femmina” già le imparerà dalla mamma, dalla nonna e dalle amiche. Perciò tu insegnale qualcosa da maschio, come montare una tenda in campeggio, cambiare l’olio alla macchina, arrampicare in montagna. La renderai più sicura di sé!
13) Rendila indipendente.
Non fare le cose al posto suo. Lascia che pian piano impari a fare di tutto.

Se hai la fortuna di avere una figlia, ricordati che il tuo ruolo e la tua figura sono fondamentali per la sua crescita. Molto di ciò che lei diventerà, sarà frutto del vostro rapporto: la sua autostima, la sua sicurezza, il modo in cui vedrà gli uomini, la sua immagine di sé…

E tutto questo inizia dalla nascita.

Sarà importante – per lei – sapere che ti prendi cura di lei in modo eccellente, come sa fare la mamma, ma anche che sei capace di giocare con lei sul tappeto.

E quando sarà adolescente e non avrà più tempo per stare con te, non dimenticare che apprezzerà sempre un momento da sola con te, in tranquillità, per raccontarti com’è andata la sua giornata.

Infine, non fare mai mancare a tua figlia i tuoi incoraggiamenti, affinché lei provi, sperimenti e colga le sfide della vita. Aiutala perciò a trovare gli strumenti per avere successo in ciò che sceglie di fare.

E… lascia che si senta libera di esprimere la sua personalità, anche se ciò significa – magari – vederla un po’ “maschiaccio”.

Papà, quanto conta per te la scuola?

Oggi parliamo di presenza dei papà nella scuola, in particolare nella ex scuola media.
Presenza o assenza?
La risposta, ahimè, è quasi scontata: nella scuola se ne vedono ben pochi di papà.
Viene spontaneo domandarsi come mai, dato che anche la maggior parte delle madri lavora a tempo pieno.
Eppure alle riunioni della scuola secondaria di I grado (ex scuola media) le presenze maschili sono di 1 o 3 papà su 21 o 25 alunni.
Se poi vogliamo contare chi accetta l’incarico di rappresentante di classe, le percentuali precipitano.
“Oh, no. Grazie! Non ho tempo!”, “Figuriamoci! Non ho tempo neanche per stare dietro alle mie cose!” sono le risposte che forniscono i rari papà durante la prima assemblea di classe.
Verrebbe da ribattere: “Già, perché invece le mamme hanno un sacco di tempo! Soprattutto da dedicare a sé!”.

Per evitare polemiche, analizziamo la realtà: la maggior parte delle mamme bada ai figli (igiene, sport, medici, scuola, compiti) come fosse senza partner.
Generalizziamo ovviamente, ma le statistiche parlano da sole.
Alla ex scuola media, dove i preadolescenti avrebbero tanto bisogno di essere seguiti dalla figura paterna, sono sempre le mamme ad occuparsene (spesso insieme alla spesa, alle faccende domestiche, ecc.).

Non stiamo facendo il processo ai papà, anzi!
Vorrei che diventassero consapevoli del loro ruolo, che è fondamentale.
In questa fascia d’età, infatti, le mamme devono cominciare a cedere un po’ del loro potere e permettere ai papà di subentrare al posto loro in determinate situazioni.
La scuola è una di queste.

Ormai è chiaro che il successo scolastico di un figlio passa attraverso la sua motivazione allo studio, più che al ceto sociale a cui appartiene o al titolo di studio dei genitori.
E l’unico modo che i genitori hanno per spronare un figlio a studiare è trasmettergli ciò che pensano della scuola e del suo valore.
Se i genitori dimostrano quanto ci tengono alla scuola e allo studio, i figli daranno importanza all’istruzione e saranno più propensi a proseguire gli studi.
Se i genitori si disinteressano alla scuola, il messaggio che arriverà al figlio sarà che “la scuola non è importante”.
Che la mamma si occupi della scuola è scontato per i figli, ma che lo faccia il papà, no.

Forse non lo sapete, ma i ragazzi sono estremamente fieri di avere un genitore rappresentante di classe e, considerato che alla ex scuola media il numero dei genitori rappresentanti varia da 2 a 4 e le riunioni annuali con i rappresentanti sono generalmente 2/3 … direi che l’impegno non è poi così gravoso. Se poi pensate che i rappresentanti non sono nemmeno tenuti a stendere ufficialmente un verbale da condividere con il resto della classe, non vi è neppure il carico di scrivere, fotocopiare, diffondere.

Perché è così importante avere papà rappresentanti di classe?

I motivi sono diversi e in parte legati alle caratteristiche maschili.
Se da un lato va sottolineata l’importanza di mostrare al proprio figlio quanto si tiene a lui e alla scuola, oltre a dargli l’esempio di un impegno che è utile alla comunità, dall’altro lato i papà sono positivi perché riescono – con il loro intervento – ad abbassare la soglia di ansia spesso tipica delle mamme. Sono anche più diplomatici su certe questioni e capaci di restare lucidi di fronte a problemi che invece infiammano le madri. In generale hanno anche la capacità di sdrammatizzare e spesso portano proposte concrete per risolvere situazioni in stallo.
Raramente sono “pettegoli” e odiano perdere tempo sulle chat della classe.

Perciò, cari papà, non delegate le mamme!
Accettate la sfida e candidatevi senza farvi pregare.
Se poi non vi piacerà, potrete ritirare la vostra candidatura l’anno seguente. Ma almeno ci avrete provato!

La scuola ha bisogno di entrambe le figure: mamme e papà. E i vostri figli, pure.

Cari Genitori, urlare non serve: ci vuole un piano educativo.

Chi è nato negli anni ’60 quasi certamente avrà avuto genitori piuttosto autoritari che non lo iperproteggevano né accontentavano in tutto. Le regole erano ben chiare e venivano fatte rispettare in modo rigido e intransigente.
I genitori raramente chiedevano scusa per i loro sbagli e i figli, finché vivevano in casa dei genitori, dovevano adeguarsi. Regole, educazione e ordini stavano alla base della crescita dei figli.
Oggi pensare a questo tipo di educazione fa un po’ rabbrividire (sebbene tutti i figli di allora siano sopravvissuti).
Tuttavia, come ben notiamo, il modello educativo che ha sostituito quello degli attuali nonni non è certo migliore né ha prodotto risultati migliori.

Siamo passati dall’autoritarismo al totale permissivismo e mi trovo d’accordo con Daniele Novara, pedagogista, nel sottolineare che la causa è la mancanza di un progetto educativo chiaro e condiviso.

La maggior parte dei genitori di oggi NON ha idea di quali regole dare né di come fare a farle rispettare.
Manca una vera e propria organizzazione e si guidano i figli sull’onda delle emozioni.
Mi viene in mente una conoscente che è solita urlare alla figlia adolescente frasi umilianti  per poi – un’ora dopo – cercarla e abbracciarla come se nulla fosse accaduto.
Niente di più deleterio!

Per crescere sani, passatemi il termine, ci vogliono regole chiare e soprattutto condivise da entrambi i genitori.

Se la madre dice al figlio di rimettere a posto i giochi e il papà commenta: “Ma non fa niente! Che importa!” vanifica tutti gli sforzi della moglie e ottiene che la moglie si infurierà e il figlio si farà l’idea che “papà è buono e mamma cattiva”, senza capire che mettere in ordine i giochi crea una positiva routine.

Oggi abbiamo genitori che “fanno gli amici”, si mettono sullo stesso piano dei figli, li coinvolgono in argomenti riservati agli adulti e li trattano come dei piccoli principi, permettendo loro di “comandare”.

Questo genera nei figli una grande confusione di ruoli. Chi è il genitore? Chi deve stabilire le regole?

Una 28enne, che ho seguito con il Coaching, mi ha confessato che da adolescente invidiava le amiche a cui i genitori imponevano orari di rientro a casa la sera, perché “si capiva che ci tenevano”. A lei non erano mai stati dati “perché a loro non importava nulla di me” diceva.

Quindi SERVONO REGOLE.
La spontaneità e l’improvvisazione in campo educativo vanno bandite, perché bisogna riflettere sulle regole da dare e farle rispettare in modo coerente.

LA REGOLA NON E’ SINONIMO DI COMANDO.

Come precisa Novara, il comando è: “Stai seduto!”, mentre la regola educativa è: “A tavola si mangia seduti” .
La regola deve essere qualcosa di impersonale e oggettivo. Occorre evitare i comandi e stabilire regole oggettive:  come si mangia a tavola; l’orario in cui si va a dormire; il tempo per fare i compiti; l’ora di rientro alla sera”.

Ovviamente, nel DECIDERE QUALI REGOLE DARE AI PROPRI FIGLI è importante essere d’accordo col partner e chiedersi – come suggerisce Novara – se e in che modo una regola è UTILE ALLA CRESCITA dei propri figli.
Dietro a tutto ci deve sempre essere un intento pedagogico.

E COSA C’ENTRANO LE URLA?
C’entrano, perché di fronte a un figlio disubbidiente, i genitori permissivi vanno in crisi e non sanno più cosa fare, perciò… URLANO!
E il figlio non capisce.
Non serve fare lunghi discorsi, ma è utile essere chiari nella spiegazione e trovare soluzioni semplici, come fargli preparare la cartella la sera prima se ci si è accorti che il proprio figlio dimentica spesso a casa astuccio o quaderni.

In tutto questo, IL RUOLO DEI PAPA’ è FONDAMENTALE.

Siamo onesti: oggi i papà si defilano spesso, demandano alle mamme o diventano “mamme tenere” a loro volta.
Così i bambini hanno due madri –  figure protettive – e nessun papà.
Ma il ruolo del padre è diverso. Deve esserlo.
E’ lui a dover trasmettere quella giusta spinta a “fare esperienza”, a misurarsi con ciò che non si conosce, a trovare il coraggio di affrontare le difficoltà.
Novara infatti spiega: “Il padre che consente al figlio di fare da solo mette le basi perché il figlio, una volta cresciuto, se la sappia cavare nella vita”.
E’ il papà quindi a dover affiancare il figlio per fargli “sentire” che ce la farà.
E questo, insieme all’accudimento della madre, farà crescere il “cucciolo” sicuro di sé e delle proprie capacità… senza il ricorso a urla e strilli.