Scopri perché non riesci a raggiungere i tuoi obiettivi!

Quante volte ci lamentiamo di non riuscire ad avere ciò che vogliamo?

Sì, lo desideriamo, ma poi “ci perdiamo” oppure non sentiamo più la spinta necessaria a ottenerlo.

E guardiamo chi invece ce la fa, sentendoci “dei perdenti” (si trattasse anche semplicemente di seguire una dieta dimagrante).

Ma perché c’è chi ce la fa e noi no?

Ammesso che il nostro desiderio sia concreto, ciò che fa la differenza viene prima del “mettersi in cammino” e consiste nel definire chiaramente lo scopo per cui vogliamo fare quella determinata cosa.

Facciamo un esempio: prima di iscriverci in palestra, dobbiamo chiarire con noi stessi il motivo per cui vogliamo fare attività fisica.

Per dimagrire? Per tonificare? Per scaricare le tensioni? Per svagarci?

Domandarci, quindi: “Ma io so che cosa voglio?”.

Questo vale in tutti i settori della nostra vita.

Oltre a questo dobbiamo provare il grande desiderio di arrivare al risultato che vogliamo.

Senza il desiderio, infatti, non arriveremo da nessuna parte, perciò domandiamoci:

“Da 0 a 10, quanto desidero realizzare quel mio desiderio?”.

E se la risposta è “5”, significa che quell’obiettivo non è poi così importante per noi.

Al contrario, più ci avviciniamo al 10 e più vorrà dire che siamo convinti di volerlo raggiungere.

E’ fondamentale comprendere questa cosa, perché i desideri, i sogni, gli obiettivi sono una bella cosa e possono regalarci euforia e gioia nel momento in cui li formuliamo, ma ricordiamoci che, per non restare soltanto tali, devono essere trasformati in azioni concrete.

Perciò, se abbiamo tutto chiaro… Diamoci da fare!

Studi, ma i risultati non arrivano? Ecco il perché!

Siamo allo sprint finale, se volete guadagnarvi buoni voti!

E so che molti di voi, pur  dando il massimo, non sono soddisfatti dei voti che ottengono:

“Sono sui libri tutto il pomeriggio” mi dice una tredicenne, “persino la domenica, ma i voti sono comunque bassi!
Non so, forse mi manca un buon metodo di studio …”.

Certo, può essere o magari il problema è un altro e non c’entra né con il metodo né con l’intelligenza.

Facciamo un piccolo test e vediamo se vi riconoscete in queste frasi:
1) quando studio, non sto mai fermo e mi dondolo sulla sedia;
2) non riesco a ricordare le cose che ho appena letto sul libro;
3) mentre leggo o cerco di ripetere, gioco con la penna o con qualsiasi cosa ci sia sul tavolo;
4) dimentico facilmente dove ho messo le cose;
5) mentre studio, controllo spesso i messaggi sul cellulare;
6) anche se ho studiato a casa, durante la verifica faccio errori stupidi.

Se leggendo, avete esclamato: “Sì, mi succede proprio così!” state tranquilli perché non avete niente che non funzioni, tranne… la concentrazione.

Eh, sì, non riuscite a restare concentrati perché la vostra testa va altrove.

Il risultato è che, quando affrontate un compito, una verifica o un’interrogazione, siete lenti, concludete poco e la vostra prestazione è molto al di sotto delle vostre potenzialità.

In poche parole: state seduti davanti al libro per ore, siete convinti di studiare, ma non assimilate quasi nulla, perciò a scuola non vi ricordate granché.

Niente paura, però! Potete rimediare.

Il primo passo da fare è capire perché vi distraete.

Le cause solitamente sono:
1) dormite poco e siete stanchi;
2) fate tutto all’ultimo minuto, di fretta e con ansia;
3) saltate da una cosa all’altra, senza portarne a buon fine nessuna;
4) studiate in un luogo troppo rumoroso;
5) siete spesso interrotti da amici e familiari;
6) quello che studiate non vi interessa.

La prossima volta vi svelerò come fare per concentrarvi al massimo.

 

* Articolo scritto da Laura Gazzola sulla Pagina dei Ragazzi del quotidiano “La Provincia di Como” l’8 maggio 2018.

Ecco come avere dei figli “positivi”!

Quante volte ci stupiamo di fronte a certi atteggiamenti rinunciatari e timorosi dei nostri figli?

Vorremmo vederli sicuri di sé, grintosi, aperti a cogliere le piccole o grandi sfide della vita e invece li vediamo impauriti e spaventati all’idea di un insuccesso a tal punto da non provarci nemmeno.

“Tanto lo so, mamma, la verifica andrà male come la volta scorsa!”.
“A che serve tutto questo studio? Tanto poi va male!”.

Abbiamo ascoltato parecchie frasi simili a queste e magari l’istinto ci ha spinti a replicare:
“Ma io non so dove prendi tutta questa negatività!”.

Eh! Bella osservazione!

Ma cosa possiamo fare per avere figli “positivi”?

Intanto chiariamo che “positivi” non significa guardare alla realtà in modo distorto, con gli occhiali rosa, in modo irrealistico.

Positivi significa “ottimisti”, ovvero capaci di guardare il bicchiere mezzo pieno: fiduciosi nelle proprie capacità e sulla buona riuscita delle proprie azioni, oltre che di buona compagnia e socievoli.

Praticamente, figli capaci di pensare positivo, di vedere il lato buono della vita. Figli che guardano alla vita con il desiderio di vivere esperienze positive.

No, non stiamo parlando di extraterrestri!

Avere figli così è possibile! Ma molto dipende da noi.

Se siamo di quegli adulti che si alzano al mattino cupi e già si lamentano per la giornata che avranno davanti, con tutte le rogne di cui occuparsi al lavoro e tutti gli impegni a cui far fronte, be’ non saremo un gran bell’esempio! Non è questione di fingere, ma di non alimentare la negatività.

Lamentarsi è un’abitudine e, come tale, può essere modificata.
Se siamo genitori ottimisti, anche i nostri figli lo saranno!
Il primo “lavoro”, quindi, è quello su noi stessi.

Facciamo piccoli cambiamenti:

  • Al mattino evitiamo di lamentarci perché dobbiamo andare al lavoro.
    Se è possibile, facciamo colazione insieme a loro (magari alzandoci un pochino prima del solito) e parliamo di qualcosa di positivo (come, ad esempio, di chissà quali nuove cose interessanti impareranno a scuola).
  • Alla sera, a cena, possiamo dedicarci a “il racconto della giornata”, ovvero il racconto di ciò che abbiamo vissuto, con la regola di trovare “3 cose positive” da evidenziare.
  • Prima di dormire, possiamo leggere loro una bella storia a lieto fine.
    (Ci sono libri per bambine, ad esempio, che raccolgono storie di “femmine” che sono riuscite a realizzare i propri sogni, diventando scienziate, artiste, musiciste… Tutte storie positive, quindi).

Buone pratiche che fanno bene a loro, ma anche a noi!

Un’altra cosa importante, ma che comporta una certa attenzione da parte nostra, è legata al linguaggio e ai messaggi che invia al cervello.

Dobbiamo sforzarci di far caso alle frasi che i nostri figli sono soliti usare.

Se dicono spesso: “Non ce la faccio” (es. “Mi aiuti, mamma? Non ce la faccio”), “Ma io non sono capace!”, “Non ci riesco”, “Non sono bravo a calcio” o “In matematica sono negato!”, “In scienze non capisco niente!”, dobbiamo intervenire e modificare la loro frase in:

  • “Posso farcela!”
  • “Ci provo” o “Voglio provare a …”.
  • “Sono bravo in…”.

Questo li aiuterà a essere più positivi e a non generalizzare in negativo.

Se, ad esempio, dicono che il loro disegno fa schifo, facciamo notare loro che non è così: troviamo gli elementi positivi, senza ingannarli o illuderli. Ad esempio: “Del tuo disegno mi piace molto questo elemento” (troviamo un dettaglio che apprezziamo).

E per quanto riguarda noi, stiamo attenti alle parole che diciamo loro, soprattutto quando siamo irritati:

“Sbagli sempre!”, “Possibile che non ne fai una giusta?”, “Non cambi mai!” sono generalizzazioni che fanno danni.
Meglio essere più precisi e dire:
“In questa cosa hai sbagliato, ma puoi migliorare” oppure
– “Stavolta non è andata tanto bene, proviamo in un’altra maniera!”.

In questo modo, i bambini capiscono quello che non va bene, ma il nostro intervento è costruttivo, non distruttivo.

Quindi non si tratta di dire a nostro figlio delle falsità, ma di incoraggiarlo a “parlarsi” in modo diverso, perché i messaggi che manderà al suo cervello gli permetteranno di affrontare in modo positivo le difficoltà e gli ostacoli della vita.

Allora insegniamogli a farsi i complimenti per ciò che riesce a fare:
– “Sono stato bravo”,
– “Sono capace di…”,
– “Mi voglio bene”.

Deve rendersi conto di avere le capacità per fare di tutto, ma sapere che per farlo bisogna impegnarsi, concentrarsi e mirare all’obiettivo.

Aiutiamolo allora e stimoliamolo con queste frasi, soprattutto quando dubita di sé:

  • “Ho fiducia in te e nelle tue capacità”,
  • “ti voglio bene e ce la farai”,
  • “lo sai fare come gli altri, devi aver fiducia”
  • “la vita è fatta anche di insuccessi, quindi se questa volta è andata così la prossima volta andrà meglio”,
  • “si è capaci anche se qualche volta si sbaglia”.

Per riuscire a guardare alla vita con positività, nostro figlio deve imparare a dare il giusto peso agli eventi ed è tutta questione di “allenamento”.

Guardare alla realtà senza negativizzare tutto richiede continuità: va fatto tutti i giorni.
Magari iniziando dal buon umore, che trasmette serenità, speranza e allenta le tensioni.

Cerchiamo dunque di “sorridere” più spesso: i nostri figli (e non solo) ne godranno tutti i benefici.

Non illudiamoci però: i nostri figli non diventeranno positivi “per magia” e da un giorno con l’altro!

Dobbiamo educarli noi a questo atteggiamento: noi, che siamo le persone più influenti nella loro vita.

E a chi si lamenta, dicendo: “Anche questo devo imparare?!?”, rispondo che fare il genitore è un duro lavoro da svolgere tutti i giorni e, come tutti i lavori, prevede un continuo apprendimento se si desidera migliorare.

Il potere che ne deriva è enorme: influenzare l’intero futuro dei propri figli.

 

 

 

Sei sicuro che “leggere” sia una vera noia?

Ragazzi, per “aprire la mente” ci sono tanti modi: uno di questi è leggere libri, ma già mi pare di sentire certi vostri commenti: “Che noia leggere!”, “Io odio leggere!”.

Se dite che vi annoia, significa che preferite fare altro. E che cosa ad esempio?

Di sicuro una cosa ci annoia quando non ci coinvolge

Ah, ma allora non è il “leggere” in sé, è semmai il libro che abbiamo scelto o che ci hanno obbligati a leggere che non ci piace.

Ora che ci siamo resi conto che la noia e l’odio sono rivolti al contenuto di un certo libro e non all’azione del leggere,

è fondamentale cercare il genere che ci piace.

E come si fa?

Pensate ai film che amate e alle storie che raccontano:
sono misteri da svelare? Amori che sbocciano? Storie vere? Viaggi immaginari? Parlano forse del vostro atleta o cantante preferito?

Per capire che cosa vi interessa, dovete anche conoscere voi stessi: vi piace ridere? O siete tipi riflessivi? Siete determinati? Ammirate chi si pone un obiettivo e lo raggiunge?

La scelta di un libro può anche essere legata a chi vorreste essere: un vampiro? Uno scienziato? Un esploratore? Uno scrittore famoso? Un detective?

Una volta chiarito quali sono i vostri gusti, gli argomenti che vi interessano e i personaggi che vorreste conoscere o essere, siete a buon punto.

Andate in internet o in libreria o in biblioteca e chiedete consiglio oppure leggete direttamente le trame e il gioco è fatto!

Non vi resterà che “tuffarvi” nel libro.

Solo così scoprirete che “leggere” ha solo vantaggi:

1) il libro si può portare ovunque (non è ingombrante);
2) la storia creerà delle immagini nella vostra testa che nessun altro avrà di uguali;
3) proverete emozioni;
4) potrete restare in silenzio con voi stessi e non sentirete per forza il bisogno degli altri;
5) avrete qualcosa di nuovo e speciale da raccontare e da condividere;
6) diventerete “interessanti” agli occhi degli altri;
7) la vostra mente “si aprirà” e sarà come fare un viaggio.

Provate e fatemi sapere!

 

* Articolo scritto da Laura Gazzola e pubblicato nella pagina dei Ragazzi del quotidiano “La Provincia di Como” il 10/4/2018.

Impariamo ad accettare i complimenti!

Una mia caratteristica è quella di essere molto attenta alle persone che mi circondano, siano esse amiche o semplici conoscenti.
Mi soffermo sulle espressioni del loro viso, noto se calano o aumentano di peso, se hanno un nuovo taglio di capelli, se cercano angoli di solitudine…
Insomma, qualche adolescente – in modo scherzoso e affettuoso – dice che “non mi scappa niente”.

Fatto sta che settimana scorsa mi è capitato, entrando in classe, di notare immediatamente che uno dei miei studenti avesse cambiato il suo taglio di capelli.

Me ne sono accorta anche se era in fondo alla classe e davanti a lui, in piedi, c’era una compagna molto alta.
Non ho perso tempo ed essendo molto spontanea, gli ho fatto giungere il mio apprezzamento con un sonoro: “Woww! Hai tagliato i capelli! Stai proprio bene!”.

Momento di silenzio: tutti si sono girati a guardarlo, come non si fossero accorti, nonostante fossero in classe da due ore.

Lui, che cercava di nascondere l’imbarazzo, si è affrettato a replicare: “Ma no… Li ho appena spuntati sui lati!”.

Signori, vi garantisco che il taglio era completamente diverso: capelli cortissimi e ciuffo ingellato all’indietro!

Perché vi racconto questo fatto?

Perché anche noi adulti siamo soliti minimizzare, quando ci viene rivolto un complimento: al posto di riceverlo, di apprezzarlo e ringraziare, cerchiamo di toglierci subito dall’impaccio, come fosse qualcosa di negativo da cui scappare.

Ci avete mai fatto caso?

E’ un po’ come dire: “Meglio le scarpate in faccia!”.

Che cosa ci impedisce di rispondere un sincero “Grazie!”, accompagnandolo magari con un bel sorriso spontaneo?

Secondo voi, chi vi ha mosso quel complimento, preferirebbe ricevere una risposta evasiva o un bel “grazie”, ovvero la conferma che avete gradito il suo apprezzamento?

Sono certa che sia il “grazie” ciò che vorrebbe ascoltare!

Se una sola parola ci sembra poco, per uscire dall’improvviso imbarazzo, potremmo aggiungere: “Grazie! Sei molto gentile!” o “Grazie! Mi fa piacere!” o ancora “Grazie! Wow! La mia autostima è cresciuta con questo tuo complimento!”.
Insomma, a seconda del vostro carattere, potete scegliere che cosa aggiungere…
Ma non minimizzate!

Godetevi quel momento…
Sono così pochi i complimenti e così tante le critiche distruttive!

La nostra autostima si nutre anche di commenti positivi, che magari sono conferme per noi.

Pensate a quello studente che certamente ha voluto cambiare quel taglio di capelli per apparire più carino, più cool…
Rendersi conto che qualcuno – all’infuori dei familiari – abbia apprezzato, gli dà la conferma di aver scelto bene (imbarazzo a parte!).

Perciò… sforziamoci di “accogliere” i complimenti: gioiamo nel riceverli e facciamone tesoro.

Magari, come già stanno facendo i miei studenti,

trascriviamoli su un nostro quaderno: così resteranno per sempre e ci aiuteranno a superare quei momenti in cui – di noi – vedremo solo gli aspetti negativi.

 

Ragazzi, allenatevi al… rispetto!

Sapete che cos’è il “coaching”?

E’ un metodo per ragazzi e adulti  che vogliono migliorare se stessi, superando ostacoli e sviluppando tutti i loro punti di forza.
Il termine significa “allenamento” e infatti, per raggiungere un obiettivo, dobbiamo allenarci, esattamente come si fa nello sport.

Può essere un obiettivo sportivo, professionale, scolastico o… personale, come nel caso di migliorare il nostro rapporto con gli altri.

E come fare?

Il discorso è lungo, ma partiamo da un concetto semplice:

per stare bene con le altre persone dobbiamo cominciare a pensare a loro in un’ottica di “rispetto”, a partire da piccoli gesti legati alla nostra quotidianità.

Facciamo un esempio:
se viviamo in appartamento e ci sono persone che abitano sotto di noi, eviteremo di ascoltare la musica o la tv a tutto volume, così come di giocare a far rimbalzare la pallina da tennis sul pavimento.
Il motivo è ovvio: daremmo fastidio e quindi potrebbero risentirsi e noi rischiare di incrinare il rapporto con loro.

Non è difficile, basta allenare la nostra sensibilità verso gli altri e cominciare a pensare seriamente che i loro diritti (al riposo, alla tranquillità ecc.) sono uguali ai nostri.

Potremmo iniziare col domandarci: “Ma se loro disturbassero me come io faccio con loro, come reagirei?”.

Immaginate di essere sui libri in vista di una verifica importante e di non riuscire a concentrarvi per il fastidio provocato dai vostri vicini.
Correreste il rischio di prendere un brutto voto, vero? Che seccatura!

Quindi, “alleniamoci” a essere più rispettosi, così:

1) scriviamo una lista di azioni che – se fossimo noi a subire – ci darebbero molto fastidio.

2) Prendiamo la prima voce in elenco (es. tenere il volume della musica basso, ovvero – in una scala da 0 a 10 – potrebbe essere a 3) e stabiliamo che per un mese ci concentreremo su questo.

3) Il mese successivo “rispetteremo” il 2° punto della lista e così via.

Alla fine in qualcosa avremo migliorato e gli altri ce ne saranno grati.

*Articolo scritto da Laura Gazzola e pubblicato nella Pagina dei Ragazzi del quotidiano “La Provincia di Como” il 20 novembre 2018.

Ragazzi, se volete essere felici… imparate a usare l’umorismo!

La sfida per un giorno di questa settimana porta il nome di “umorismo”.

Vediamo se ne siete dotati!

Rispondete “sì o no” a queste domande:
1) Quando un amico ha un umore nero, faccio di tutto per distrarlo con battute;
2) Mi piace portare allegria nella giornata degli altri con un sorriso;
3) Molte persone dicono che con me si divertono;
4) In certe situazioni trovo qualcosa per cui ridere con gli altri;
5) Riesco a ridere dei miei difetti.

Più “sì” avete risposto e più il vostro grado di umorismo è alto.

Ma che diavolo è l’umorismo?!

E’ la capacità di sorridere (persino ridere) con gli altri e di far sorridere gli altri della vita, di ciò che succede in essa.

Se avete il dono dell’umorismo, siete davvero fortunati!
E certamente è ancora più fortunato chi vi sta accanto, perché voi riuscirete a mostrargli il lato più divertente e comico di ogni evento.

Non significa che continuate a ridere come sciocchi per qualsiasi cosa, ma che riuscite a cogliere il lato buffo della vita.

Se, ad esempio, sapete ridere dei vostri difetti, scherzandoci sopra, prendendoli con leggerezza e non come un peso enorme, siete dotati di umorismo e gli altri vi apprezzeranno per questo.

Chi sceglie di prendere in giro se stesso e non gli altri, è tutt’altro che superficiale, anzi!
E’ sicuramente una persona riflessiva e profonda, con splendide qualità!

Quindi allenate l’umorismo ogni giorno, perché è un modo efficace di combattere lo stress delle verifiche e delle interrogazioni.

E come facciamo a coltivarlo?

All’inizio vi ho parlato di una… sfida.

Si tratta di scegliere un giorno e – sin dal mattino appena svegli – cercare di affrontare tutto ciò che vi sembra pesante con una battuta.

In mensa il piatto del giorno è disgustoso per voi? Fate una battuta e rideteci sopra.
Servirà a non arrabbiarvi e vi permetterà di “passarci sopra”.

Ricordate che l’umorismo è un’arma di difesa potentissima! Perciò… usatela!

 

*Articolo scritto da Laura Gazzola e pubblicato sulla Pagina dei Ragazzi del quotidiano “La Provincia di Como” il 6 novembre 2018.

Come faccio a gestire l’aggressività di mio figlio?

Hai un figlio aggressivo? E’ adolescente?

Ti senti impotente di fronte a lui e provi paura, preoccupazione, persino rabbia?

Sai già che “essere arrabbiati” è tipico dell’adolescenza, ma forse non sai ancora che

è un modo inconscio che tuo figlio ha per separarsi e differenziarsi da te.

Significa che devi sopportare e giustificare tutti i suoi attacchi? No di certo.

Tuttavia è importante che tu ti chieda: “Ma che cosa mi sta comunicando la sua aggressività?”.

E soprattutto è necessario che tu abbia ben chiaro come comportarti.

Ecco alcune dritte che possono esserti utili:

1) Non litigare con tuo figlio, perché non aspetta altro che un’occasione per scontrarsi con te:

osservalo, ascoltalo per capire qual è la vera causa della sua rabbia (magari nasce dal fatto che tu continui ad elogiare il fratello perché è bravo a scuola o nello sport)

2) Dagli il buon esempio,
cioè dimostragli di saper discutere senza alzare la voce né ferirlo;

3) Non provocarlo, ovvero non innescare altra aggressività, ma contienilo:

se tuo figlio è arrabbiato, rimanda qualsiasi confronto o discussione a quando sarete entrambi più calmi.

4) Valuta bene quali “no” dirgli, perché se sono troppi e continui, sono dannosi e alimentano gli scontri. Meglio poche regole, definite bene e facilmente comprensibili per lui.

5) Dimostragli di apprezzare i suoi comportamenti positivi, anche se si tratta di piccole cose (come rimettere in ordine la sua stanza).

6) Non essere permaloso quando tuo figlio critica tutto ciò che fai:

lo sta facendo apposta per provocarti, ma inconsciamente sta cercando di separarsi da te, per non essere più il bimbo che ha bisogno del genitore.
Perciò… non fare il suo gioco, vai oltre: cerca di capire che cosa sta succedendo.

Affiancare nella crescita un figlio adolescente è difficile, ma adottare alcune buone pratiche può renderlo meno pesante.

Aspetto le tue riflessioni e… il tuo LIKE. J