“Il Coaching mi ha aperto gli occhi e io ho scelto di restare dov’ero”.

Da anni vivevo come “sospesa”. Prendere o no una decisione? Ero sempre incerta.
Sposata da 25 anni e madre di due figli ormai grandi, ero scontenta del mio matrimonio e vivevo sempre inquieta, insoddisfatta.
Un giorno dicevo: “Basta, devo fare qualcosa!” e il giorno dopo: “Vabbè, ci penserò più avanti!”. Intanto il tempo passava, senza che cambiasse nulla.

Rivolgermi a Laura è stata una conquista!
Al nostro primo incontro ho pianto e lei mi ha fatta sentire così accolta da capire che era la persona giusta.

Abbiamo iniziato le sessioni, ma definire il mio obiettivo è stato difficile.
Volevo “essere felice”, ma non sapevo come.

Laura mi ha guidata con domande che ogni volta mi spingevano a fare chiarezza dentro di me.
Erano così profonde che finivo per pensarci per giorni.
Però, grazie a quelle, ho capito che sarei stata felice vivendo da sola, senza mio marito, continuando a occuparmi dei miei figli, anche se ormai adulti.

Non era la mia Coach a suggerirmelo. Lei non mi ha mai detto cosa fare: poneva le domande giuste e… le mie risposte venivano a galla.

La soluzione, quindi, sarebbe stata separarmi da mio marito e riprendere la mia vita in mano, ma alla fine ho fatto una scelta diversa.

Non me la sono sentita di affrontare i passi della separazione.
Lo so, non mi fa onore, ma non volevo uscire dalla mia “zona di comfort”.
Non era per le spese legali né per i miei figli (tanto avevano capito come stavano le cose).
Diciamo che non ho avuto il coraggio di lasciare la mia vecchia vita o forse non era il momento giusto, così ho “scelto” di restare dov’ero.

Per me non è un fallimento: il Coaching ha funzionato.
Avevo bisogno di fare chiarezza, di capire “come” tornare felice e ci sono riuscita. Il mio “restare lì” quindi è diventato una scelta, non il frutto di eterna indecisione.

E questo per me è un buon risultato.

Quando sarò pronta… chissà… farò quel passo.
Intanto… grazie Laura, per la pazienza, la disponibilità, la tua grande professionalità!

Marta G.

Scopri se i tuoi figli sono destinati a essere felici!

La scorsa settimana mi è capitato di ascoltare una breve conversazione tra due quattordicenni.

Una diceva all’altra: “Tu come ti immagini tra vent’anni?”
e poi, senza lasciarla rispondere, con tono entusiasta e occhi felici, continuava: “Io mi vedo sposata, con due figli, una bella casa… E tu?”.

La sua amica, con grande esitazione e aria perplessa: “Mah… Non so! Non riesco a immaginarmi!”.

Secondo voi, quale delle due ha più probabilità di essere felice?

La prima ragazza pare avere idee chiare e progetti. La seconda brancola nel buio.
In realtà, la prima ragazza “immagina” (quindi desidera) cose che sono fuori dal suo totale controllo.
Sposarsi significa trovare l’uomo giusto e questo non dipende esclusivamente da noi.
Bisogna avere anche un pizzico di fortuna, oltre che essere ricambiate.
Avere figli non è scontato, nemmeno quando i partner sono sani.
Ci sono coppie che scoprono di non riuscire ad averne solo dopo le nozze e la sofferenza è enorme.
Avere una bella casa dipende dalla disponibilità economica, quindi dalle entrate della coppia, perciò dalla posizione lavorativa di ciascuno.

Questi “sogni/desideri” sono molto pericolosi, perché si concentrano su ciò che non dipende da noi.

Sarebbe stato meglio se la ragazza avesse detto: “Io mi immagino laureata…”, perché l’obiettivo della laurea dipende da lei soltanto, dalla sua determinazione.

Nei percorsi di sviluppo delle Life Skills insegno ai ragazzi a porsi obiettivi realizzabili, sfidanti, gratificanti, che permettano loro di usare tutte le potenzialità che hanno.
Questo comporta che gli obiettivi vengano espressi correttamente e che dipendano al 100% da loro.

Più la realizzazione dell’obiettivo coinvolge altri e meno possibilità ci sarà di arrivarci.
Questo dobbiamo insegnare ai ragazzi!

Certo è meraviglioso lasciarli vivere dentro un film rosa, ma quando si sveglieranno… cosa accadrà?

Meglio guidarli a immaginare un futuro che dipenda dalle loro capacità, punti di forza, determinazione, volontà, motivazione, passione.

Qui non si tratta di togliere a un’adolescente il sogno di un matrimonio e dei figli, ma di indirizzare meglio i suoi obiettivi.

E sappiamo bene che il primo passo per trovare l’amore è quello di realizzare in primis se stessi. Non il “bisogno” dell’altro, ma il piacere di renderci conto che ci completa.
Non una vita che dipende dall’altro (dal suo umore, dal suo denaro, dalle sue attenzioni), ma che si arricchisce grazie all’altro.

Comprendere questo significa indirizzare i ragazzi a essere felici.
E questo è il compito più importante che abbiamo, in quanto adulti ed educatori.

Ecco come affrontare i momenti difficili!

È trascorso più di un anno dall’inizio della pandemia e il peso di questa situazione si fa sentire anche tra i più resilienti.
Come superare quindi l’umore nero, la stanchezza psicologica e lo scoraggiamento?

Ecco 7 semplici passi per aiutarci ogni giorno a trovare un po’ di luce:

  1. Per prima cosa dobbiamo evitare di impuntarci su “come dovrebbero andare le cose”: se la realtà è questa, inutile continuare a confrontarla con le nostre aspettative.
    “Accettare la realtà” è fondamentale.
    Più cerchiamo di opporci e più sarà difficile trovare una soluzione.
  2. Non facciamo le vittime, perché piangerci addosso ci rende immobili.
    Dirci che “niente cambierà” ci toglie la responsabilità di agire e di risolvere i problemi.
  3. Guardiamo “dentro di noi” e non fuori.
    Concentriamoci su quello che possiamo cambiare, senza pretendere che cambino gli altri o il contesto in cui viviamo.
    Chiediamoci: “Cosa posso fare io per migliorare la mia situazione?”.
  4. Focalizziamoci su ciò che abbiamo e non su quello che ci manca.
    Siamo vivi? Sani? Amati? Allora non ci manca nulla per affrontare le difficoltà.
  5. Ripetiamoci che questo brutto momento “non durerà per sempre”.
    Nulla è eterno.
    Perciò dedichiamoci a qualcosa che ci fa stare bene e ci permette di ritrovare un po’ di fiducia nel futuro.
  6. Cambiamo prospettiva.
    Come vogliamo vedere le difficoltà?
    Come ostacoli, prove da superare o sfide da vincere? Sta a noi scegliere.
  7. Rendiamoci conto che “molto è possibile” (se dipende da noi, dal nostro atteggiamento, da come reagiamo, da come parliamo a noi stessi) e che spesso le difficoltà ci spingono a scoprire il meglio di noi.

È Pasqua: cambia il tuo punto di vista!

Siamo prossimi alla Pasqua e non avrei mai immaginato di viverla di nuovo blindata in casa per la pandemia. E voi?
Vorrei dirvi che presto finirà, trovare frasi di incoraggiamento e ottimismo, ma come voi anch’io sono stanca, perché è un anno che rispetto diligentemente le regole ed esco solo per lavorare.
Come molti di voi, niente più socialità, trekking in montagna, passeggiate al lago o al mare.

Col passare dei mesi sono venute meno la pazienza, la tolleranza, la comprensione, la speranza. E sono cresciute la stanchezza, l’esasperazione, la frustrazione, l’ansia.

Sembra proprio che tutto vada male… E questo malessere è così diffuso che i prodotti maggiormente pubblicizzati in TV sono proprio quelli contro l’insonnia, l’ansia, l’irritabilità, il mal di stomaco e di testa.
Zero energia, zero positività. Che disastro!

Quindi cosa fare?
Ripiegarci su noi stessi? Abbandonarci all’apatia? Arrenderci alla negatività?

Per me è inaccettabile!
Non voglio abbattermi né violare le regole, perciò l’unica cosa da fare è “cambiare punto di vista”.

Al posto di ascoltare di continuo il mio disagio, che in alcuni momenti è assordante, ho scelto di “dargli un piccolo spazio” nell’arco della giornata.
Per il resto, al posto di elencare tutto ciò che mi manca (nel lavoro, vita sociale, salute, famiglia, ecc.), ho scritto una lista di tutto ciò che posso ancora fare, nonostante le restrizioni e, per aiutare le persone che amo, ho inventato “sfide” sportive (da condividere grazie ad un’app) che alimentano la motivazione a stare nel verde, organizzare al meglio la giornata, avere uno scopo, prendersi cura di sé.

Un amico che purtroppo è stato colpito da una malattia degenerativa, che lo paralizzerà per sempre, mi ha detto: “Ogni giorno penso a quel poco che posso ancora fare, piuttosto che a tutto quello che sto perdendo”.

E per me è un grande esempio, perché se nella nostra vita possiamo ancora muoverci, non importa andare in montagna o al mare.
Possiamo anche camminare al parco vicino a casa.

Questo è il concetto: usare il pensiero creativo per trovare soluzioni che ci facciano stare bene, pur nella difficoltà.

E allora prendiamo esempio anche dai ragazzi, che hanno organizzato party virtuali, aperitivi a distanza, incontri all’aria aperta…

Siamo noi a scegliere come reagire.
Perciò domandiamoci: “Che cosa vogliamo?”.
Crogiolarci nelle nostre emozioni negative o reagire e trovare nuovi modi per coltivare un po’ di serenità?

Gli adolescenti… Che bella storia!

Le gioie vanno condivise… e quando parlo di “ragazzi” per me è sempre una bella storia.

Ho conosciuto Matteo quasi due anni fa. Un ragazzone dagli occhi buoni e dai modi educati. Certamente più maturo rispetto alla sua età, innamorato di una ragazza che lui sente di dover proteggere perché “ancora ingenua”. Un vero amico: disponibile, sincero, molto empatico e ben voluto.
Il classico adolescente, però, che nasconde sotto un’armatura il suo vero e meraviglioso “io”: la sensibilità nascosta sotto un’espressione seria, talvolta dura. La sua coerenza e integrità che gli procurano discussioni e arrabbiature.

Quando ci siamo parlati la prima volta, mi ha detto una frase che non scorderò mai: “Eh, magari in un’altra vita!”. Non aveva capito di poter avere tutte le vite che desidera.

Mi confessava: “Ho mollato l’università, perché evidentemente non so studiare”.
E non si rendeva conto di essere più intelligente di tanti altri.

Ammetteva con dispiacere: “Ho fatto molti sport, ma non li ho portati a termine”, senza capire di aver fatto mille esperienze, che nessuno gli porterà mai via.

Non vedeva le sue qualità e si dipingeva con le parole degli altri: “Interessi? Mmm… non ne ho”.
E invece…

Il suo obiettivo l’aveva chiaro in testa: “Voglio conoscermi, capire chi sono e cosa posso fare”.

E la sua mamma è stata davvero lungimirante, visto che mi ha contattata lei, e ha fatto a suo figlio questo enorme regalo.

Matteo OGGI ha uno sguardo deciso, che trasmette vibrazioni positive:
sta terminando i due anni della scuola di specializzazione post-diploma che ha intrapreso al posto dell’università e mi parla del tirocinio che ha iniziato in azienda, dimostrando tutto il suo interesse.

La sua ragazza è al suo fianco e lui continua ad esserne innamorato di quell’amore fatto di ascolto, condivisione, ma anche di arrabbiature e discussioni che fanno crescere.

Lo vedo sereno, equilibrato.
E’ un giovane uomo che ora guarda avanti e s’impegna per il suo futuro.
Non più il ragazzo incerto che cerca una riva su cui approdare.

Porta avanti un lavoretto per seguire una sua passione: l’auto che si è comprato da solo e che ha sistemato poco alla volta, studiando la meccanica e tutto il resto.

Pensava di non avere interessi, di essere inconcludente, e invece sta studiando da solo il giapponese e quando parla della cultura nipponica gli brillano gli occhi.

Approfondisce tutto ciò che fa. Non resta mai in superficie.
Ha voglia di fare nuove esperienze, di mettersi alla prova, di cogliere le sfide… Mi trasmette entusiasmi che prima non aveva.

E continua a prendersi a cuore chi è in difficoltà: dall’amico al familiare. Vorrebbe vedere tutti sereni e soffre se capisce di non poter fare nulla per cambiare le cose.

Un’anima bella, come la definisco io.

Un giovane che è diventato grande, perché finalmente conosce le sue possibilità, “vede” i suoi punti di forza e si rende conto della sua unicità.

Se non è una bella storia questa… 😉

Non permettere a nessuno di influenzare le tue scelte!

Oggi una giovane 23enne, che lavora come estetista da quando aveva 16 anni, mi ha confidato il suo desiderio di conseguire la maturità per guardare avanti e magari frequentare l’università, non tanto per fare un lavoro diverso, quanto per acculturarsi.
Mi sono brillati subito gli occhi, perché quando “sento” in una persona  il desiderio di conoscere e imparare… il cuore mi batte forte e provo una gioia che mi è impossibile descrivere a parole.
Essendo Coach e anche docente, l’ho subito tempestata di domande. Ha risposto in modo consapevole circa le difficoltà, ma quel “fuoco”, quel desiderio di farcela si avvertiva forte. Così le ho dato qualche dritta su come orientarsi per frequentare il quinto anno e poi la maturità.
Non era spaventata.
Mi ha detto con aria seria:
“Io lo so che posso farcela! Perché quando mi metto in testa una cosa… non mi ferma nessuno!”. Poi però ha aggiunto: “E’ solo che nessuno crede in me! Il mio fidanzato dice che non ha senso e mio padre mi scoraggia, forse perché ha paura che io fallisca”.

Il suo sguardo era cambiato: aveva perso luce.
Gli occhi bassi e un filo di voce: “Se almeno appoggiassero questa mia idea, che non è un capriccio! Invece…”.
Il suo era un dialogo intimo con se stessa… e chissà da quanto tempo lo era.

Credo che sia capitato a molti di trovarsi in una condizione simile.
Certamente  più a “femmine” che a maschi.
E allora parliamone!

Perché quel mancato appoggio, anche se solo psicologico e affettivo, fa male, ferisce, fa sentire poco adeguate e non c’è niente di peggio.

E’ la speranza, il desiderio, l’obiettivo da raggiungere – pure con gran fatica – che tengono alta la motivazione. Ma se si è circondati da familiari, partner e amici che non fanno altro che incutere paura e insinuare dubbi… Beh, la strada da percorrere è ancor più in salita e certamente contro vento.
Qui viene fuori di che stoffa siamo fatti!
Se cioè siamo pronti a camminare contro vento, contro tutti, oppure se siamo così deboli o così incerti da dubitare noi stessi della bellezza (e validità) del nostro progetto e quindi rinunciarci.

Per esperienza posso dire che , se quel “fuoco” ci brucia dentro e abbiamo valutato che non si tratta di un fuoco di paglia né di un salto nel vuoto, allora non dobbiamo ascoltare chi cerca di allontanarci dal nostro obiettivo.

Smettiamola di voler condividere ciò che desideriamo fare con chi – parente o meno – non solo non ci capisce, ma fa di tutto per farci rinunciare.

Parliamo di meno e agiamo di più!

Iniziamo a scrivere ciò che vogliamo  raggiungere e a pensare a tutti i passaggi necessari per ottenere più informazioni possibili.
Teniamo nota di tutto ciò che scopriamo.
Cerchiamo di approfondire più che possiamo, facendo domande alle persone competenti.

Non rinunciamo!

Quando la “luce” finalmente si accende nei nostri occhi… è il momento di essere felici!
E per esserlo, non serve l’approvazione degli altri.

Perciò… seguiamo  la nostra strada!

 

La quarantena è finita, ma il tuo umore è peggio di prima? Ecco come uscirne!

L’estate è cominciata e le immagini dei carri militari che trasportavano bare sembrano dimenticate. La gente ha ricominciato ad uscire, a frequentare gli amici, i bar, i ristoranti. Tutto sembra tornato (quasi) come prima… E lo stato d’animo positivo con cui molte persone hanno ben affrontato l’isolamento, pare tornato negativo.

Eh, sì, perché non tutti si sono sentiti depressi nel dover rimanere per forza in casa. Ci sono infatti quelli che, senza esserne consapevoli, ci hanno persino guadagnato in termini di umore e hanno usato il tempo nel modo migliore, dedicandosi a lavori e attività di cui sono capaci e che hanno regalato loro soddisfazione e benessere.

Se ci pensate non è poi tanto strano.
Faccio un esempio: se mi trovassi sola in un periodo della vita, senza partner né amici, “essere obbligata” all’isolamento e sapere che nessuno può uscire a divertirsi… beh, potrebbe persino essere consolante. Stessa cosa se conducessi una vita estremamente stressante a causa del lavoro e ogni week-end mi trovassi così stanca da non avere nemmeno l’energia per uscire e distrarmi.

I conti sono presto fatti: durante la quarantena, sui social niente più foto di aperitivi, balli scatenati, paesaggi mozzafiato e cenette romantiche. Tutti chiusi in casa a postare foto dei piatti cucinati o a condividere video divertenti per tenere alto il morale.

Ma adesso…?

Ora che la vita torna a scorrere, i social si riempiono di miliardi di selfie: chi è in spiaggia, chi brinda con gli amici, chi gira in moto con la persona amata, chi organizza grigliate e chi cena a lume di candela col partner. Insomma… tutti sembrano felici e appagati…
Tranne chi era solo durante il Covid-19 e solo si ritrova.

Queste persone, purtroppo, ripiombano nella loro quotidianità pre-Covid, ovvero a quando si sentivano abbattute, tristi, in ansia per non avere quello che hanno gli altri (amici, partner, week-end speciali).
E “credono” alla felicità che gli altri postano sui social, trascorrendo tempo a sfogliare gli album altrui e convincendosi che loro una vita così non ce l’avranno mai!

Se solo sapessero quanta finzione c’è in molte di quelle foto!

Come certe coppie ritratte in mezzo agli amici, perché da sole non saprebbero cosa dirsi… O sorrisi che mascherano una enorme tristezza, un amore finito da tempo o un senso di vuoto incolmabile…Ma chi sente di nuovo l’enorme peso della solitudine, a questo non pensa. Vede tutto il negativo che c’è nella propria vita e tutto il (falso?) positivo nella vita degli altri e… sta male.

E allora?

Allora sarebbe meglio darsi un sano obiettivo, ovvero quello di non seguire più i profili degli pseudo-amici di FB per un po’.
Magari dargli un’occhiata solo una volta o due alla settimana e spendere il tempo per dedicarsi a qualcosa che piace e che non si poteva fare prima a causa della quarantena.

Prendere consapevolezza del fatto che molte persone vivono solo “in vetrina” e che la felicità che mostrano è spesso apparente.

E se si è soli, al posto di considerarla una sfortuna o una tragedia, guardare alle mille opportunità che si possono cogliere, se si è disposti a mettersi in gioco. Perché essere liberi da legami permette di fare scelte che vanno incontro ai propri reali bisogni.

Perciò… ci si può iscrivere, ad esempio, a un gruppo che ama la fotografia e organizza uscite all’aperto o decidere di aggregarsi a gruppi che usano le ferie per fare il cammino di Santiago o la Via Francigena o ancora frequentare un corso di vela dove fare nuove amicizie.

Qualsiasi cosa va bene, purché trasmetta il piacere di vivere ai propri ritmi, seguendo i propri bisogni e desideri, senza essere frenati, ostacolati o condizionati da nessuno.

Ora che mi sono laureato, che lavoro faccio? Indicazioni pratiche per scoprirlo.

Mi auguro sempre che un giovane abbia il desiderio e la tenacia di proseguire gli studi frequentando l’università fino a laurearsi. E in effetti di ex studenti laureati ne ho davvero tanti e nelle discipline più varie: da ingegneria ad archeologia, passando per medicina, farmacia, fino ad arrivare a giurisprudenza.
Un nuovo giovane laureato!
Che gioia per tutti!
Ma poi… ?

Cosa succede se la laurea magistrale conseguita può aprire più porte, ma per questo manda in confusione chi se l’è conquistata?
Sì, cioè, sapere di poterla spendere in più settori, al posto di essere un vantaggio può diventare motivo di dubbi e incertezze sul da farsi.

Quale direzione prendere?
Dove inviare il proprio curriculum?

A meno che non si abbiano le idee veramente chiare sul “cosa fare da grandi”, questa ampia scelta può diventare ingombrante. Ancora di più se si sono già fatti due anni di esperienza con contratti a termine, che poi non sono stati rinnovati.

Avere quindi una laurea quinquennale (come ad esempio in giurisprudenza) e poterla spendere in più campi, ma non sapere in quali buttarsi, fa temere di sbagliare la scelta.
E così ci si immobilizza: si resta fermi a pensare, a valutare…
E intanto il tempo passa e l’ansia aumenta.
Un’ansia che, tra l’altro, viene accresciuta dalle frasi che i familiari e i parenti si sentono di esprimere. Mi riferisco ai cosiddetti consigli del tipo “perché non fai così? Perché non mandi il tuo curriculum lì?”…

E così, al posto di essere d’aiuto come vorrebbero, queste persone generano ancora più confusione. E quando si è confusi, gli altri lo notano e allora ricominciano con i loro consigli e le loro perle di saggezza, che fanno più danno che altro.

“Ma insomma, sei laureato, sì, ma ti devi accontentare!”.
E questa frase uccide i sogni, anche quelli nascosti che non si sono portati a galla.

La situazione quindi diventa questa: sapere di aver studiato qualcosa che si ama, desiderare di lavorare in quel campo, ma essere spinti ad accettare qualcosa di completamente diverso perché “ti devi accontentare”… Che dolore!

E mentre si è combattuti tra il proprio sogno e il doversi accontentare… si resta immobili.

Insomma è un cane che si morde la coda!
Ma come uscirne?

  • Innanzitutto prendere carta e penna e annotarsi un elenco di “mestieri” che ci interessa svolgere. Metterli poi in ordine di gradimento, compiendo questa operazione “di pancia”.
  • Affiancare a ciascun “mestiere” la spiegazione più dettagliata possibile del motivo per cui ci piacerebbe fare quel lavoro.
  • Verificare se in quella professione potremmo usare al meglio le nostre potenzialità.
  • Valutare se il ruolo, che andremmo a ricoprire, “risponde” (in una scala da zero a dieci) al nostro desiderio di realizzazione.
  • Partire dal primo punto della nostra lista e indagare meglio su tutto ciò che serve per svolgere quella professione (ovviamente annotarcelo).

E dopo aver spuntato tutti questi punti, cominciare a cercare indirizzi utili a cui far giungere il nostro curriculum.

La cosa importante, però, è procedere in questo ordine e non cercare a caso, mescolando rami e ruoli diversi senza prima aver chiarito con se stessi i propri desideri e bisogni.

Insomma… prima si prende la mira e solo dopo si spara.
Non viceversa!

Il segreto per sentirci felici è usare al meglio le nostre potenzialità.

Sapete quante persone “inconsapevoli” delle proprie potenzialità ci sono?

Tantissime!
E ne ho la conferma tutte le volte che inizio un percorso di Coaching.

Chi è forte, ma dice di sentirsi fragile;
chi è coraggioso e si considera debole;
chi è integro, sincero, onesto e pensa di avere problemi di adattamento;
chi è creativo ed è convinto di non esserlo solo perché non lavora né come pubblicitario né come artista…

Conoscere le proprie potenzialità è fondamentale, ma bisogna essere guidati a farlo.

Conosco una donna adulta che quando ne è diventata consapevole ha pianto dall’emozione e dalla gioia: si era sempre dipinta come i familiari l’avevano descritta, senza potersi rendere conto che quella non era lei.

La mamma e il papà l’avevano sempre definita in un certo modo e lei aveva messo insieme le loro “definizioni” e se le era cucite addosso come etichette, convinta che le appartenessero…

Ma quella NON era lei!
Per niente!

E infatti, arrivata ad un certo punto della vita, quelle “definizioni” hanno cominciato a starle strette, perché la stavano schiacciando e lei faticava a sopportarle.

Di fatto, però, non sapeva chi era e si osservava come fosse un’estranea.
Si era “persa”… ed era entrata in un momento terribile, di vera crisi.

Ma quello aveva segnato l’inizio della sua ricerca e della sua rinascita.

Per vivere pienamente, infatti, ed essere soddisfatti dobbiamo conoscere chi siamo: scoprire le nostre potenzialità e usarle al meglio in tutto ciò che facciamo.

Allora, sì, potremo sentirci felici, perché non c’è nulla di più gratificante di essere in armonia con noi stessi, con i nostri bisogni e con i nostri desideri.

Non festeggiare San Valentino se…

San Valentino è la festa di “chi è innamorato”.
Per questo ho pensato di sintetizzare il pensiero di alcuni illustri studiosi che parlano di amore “vero”, in modo da chiarirci le idee e valutare se festeggiarlo o meno.

Ecco 15 VALIDI MOTIVI per “NON FESTEGGIARLO”:

1) Perché credi di essere innamorata, ma non lo sei.
Infatti, provi una forte attrazione e pensi continuamente al partner, ma dopo aver provato per un po’ queste emozioni, perdi di interesse per lui.

2) Perché quando ti chiedono se sei “innamorata” del partner, rispondi elencando tutte le sue straordinarie qualità, ma non ti viene in mente di dire che cosa provi TU per lui.

3) Perché del partner vedi SOLO le mille qualità e quando, improvvisamente, compaiono i difetti, ti senti ingannata, tradita.
In realtà hai fatto tutto da sola.

4) Perché, sebbene tu ti senta “sulle nuvole”, non hai un PROGETTO COMUNE che ti leghi a lui.

5) Perché, anche se è trascorso molto tempo e dici di stare bene con l’attuale partner, in realtà NON hai sotterrato il passato e continui a soffrire per il tuo ex.

6) Perché hai una paura folle del futuro (invece chi è innamorato veramente non ce l’ha).

7) Perché non riesci ad avere piena fiducia nel tuo partner, ad abbandonarti e affidarti a lui.

8) Perché non senti l’importanza di essere “vera”, autentica e trasparente con il tuo partner.

9) Perché tra te e il tuo partner NON c’è l’apprezzamento (reciproco) di essere unici, straordinari e insostituibili per l’altro.

10) Perché NON ti senti accettata per ciò che sei e quindi cerchi di diventare ciò che il partner vorrebbe.

11) Perché con il tuo partner ci sono sempre continui SCONTRI. Una sorta di vita senza felicità “vera”. Un semplice “tirare avanti”.

12) Perché stai ormai facendo la CONTABILITÁ del dare e avere: “Io ti ho dato e tu no”.

13) Perché non senti il desiderio di chiedere spesso al tuo partner “Che cosa pensi?”
(chi è innamorato, invece, vuole sapere dell’altro, della sua vita, dei suoi pensieri nascosti).

14) Perché quando il partner ha dei problemi NON ti senti coinvolta, perciò gli dici: “Ti amo, ma risolvi prima i tuoi problemi e poi torna da me” (se sei innamorata, invece, i problemi del partner diventano spontaneamente anche i tuoi, da risolvere insieme).

15) Perché dici di amare il tuo partner, ma non lo porti con te nella tua vita: lo tieni separato dal tuo lavoro, dai tuoi amici, dai tuoi progetti per il futuro.
Continui la tua vita, senza modificare nulla, conservando sempre i tuoi rapporti (dai quali il partner viene escluso), mentre lui deve stare alle tue regole, sempre in attesa.

Se ti ritrovi in molti di questi punti NON sei innamorata (oppure non lo è il tuo partner di te).
Perciò a che serve “festeggiare”?