Didattica a Distanza: tutti promossi! E ora come lo spiego a mio figlio?

Ormai tutti i docenti e pure i genitori hanno capito come si concluderà l’anno scolastico: praticamente, tutti promossi!

Così, dopo aver raccolto commenti ed esclamazioni di preadolescenti e genitori, ho deciso di mettermi in campo come Coach per aiutarli.

Questo articolo non è “per tutti”: è per chi ha figli nella scuola secondaria di primo grado (la ex scuola media) e “crede” nel valore della scuola e dello studio, tanto da spronare i figli ad applicarsi sempre, in presenza o a distanza. E’ per i genitori di quei figli che si impegnano, che ci tengono a meritare un bel voto e che, in questo periodo di Covid-19, hanno continuato a dare il massimo, senza imbrogli né aiuti.
Parlo di quei ragazzi a cui docenti e genitori hanno detto: “Se vuoi essere promosso, devi studiare!”. E loro l’hanno fatto! Eccome se l’hanno fatto!

Ma ora si sentono confusi nel rendersi conto che quel compagno, che non ha mai partecipato a una video-lezione né mai consegnato compiti né studiato, be’, verrà promosso esattamente come loro.
Un profondo senso di ingiustizia, misto a frustrazione e rabbia.
Ecco cosa esprime quel “Ma non è giusto!”.

E come dar loro torto?!
A quell’età, poi, sono particolarmente sensibili alle ingiustizie, perché la coerenza e le promesse per loro sono sacre.

In realtà la pensano così anche molti genitori, che ben conoscono quel disagio, perché l’hanno già vissuto sia a scuola, da piccoli, sia sul lavoro, da grandi…
E così cercano di aiutare i figli a digerire il boccone amaro, dicendo:

“Non importa! Tu hai fatto il tuo dovere” o “A me degli altri non interessa nulla!”.
Sono frasi buttate lì perché non si sa davvero cosa dire, solo che vengono colte come una mancanza di comprensione e allora… apriti cielo!

Come possiamo aiutarli davvero?

Dobbiamo far centro “dentro di loro”: colpirli a tal punto che la nostra osservazione gli rimanga per sempre e serva a motivarli, nonostante l’ingiustizia.

Il Coaching insegna che la vita è un continuo “allenamento”: ci si allena a impegnarsi, a porsi obiettivi, a fare delle scelte, a essere onesti, determinati, resilienti…

E allora parliamo loro di questo, perché nello sport – che loro praticano spesso a livello agonistico – sanno che tutti si devono allenare in vista della grande gara finale.

Perciò, raccontiamo loro questa storiella (ciascuno la adatti come vuole allo sport praticato dal figlio):
Immagina di giocare in una squadra che dovrà affrontare un campionato importante.
Tu ti alleni sempre, mentre un tuo compagno no.
Arrivati a una settimana prima della partita, il campionato viene sospeso.
Tu senti che non è giusto, ma comunque ti sei preparato: hai imparato tecniche e strategie che ti saranno utili per vincere, quando ripartirà il campionato, mentre al tuo compagno è andata di pura fortuna. Già, perché se il campionato si fosse svolto, non sarebbe stato in grado di affrontarlo e l’allenatore l’avrebbe escluso.

Cosa vuol dire? Che la fortuna oggi c’è, ma domani chissà!

Tu hai puntato su ciò che era sotto il tuo controllo: l’impegno, la costanza, la fatica, la determinazione…
E quando punti su questo, è impossibile non “giocare il campionato”!
La fortuna, invece, è fuori dal tuo controllo: può andarti bene oppure male, ma non dipende da te.
Perciò, non perdere tempo a pensare alle ingiustizie: concentrati su quello che è importante per “giocare in campionato”.
Poniti un obiettivo: nella scuola può essere “Venire promosso”, meglio ancora “Essere promosso con 8 in inglese!”.
Scegli tu l’obiettivo, che sia per te coinvolgente, motivante… E poi non pensare più ad altro se non a raggiungere quello!
Perciò… ecco a cosa è servito il tuo “allenamento” quest’anno: a ripartire alla grande nel prossimo campionato!”.

Sono certa che così molti genitori faranno breccia, offrendo ai propri figli un nuovo punto di vista.
E’ quello che farei io, come Coach!

Didattica a Distanza: se suggerisci a tuo figlio, non hai fiducia in lui.

Siamo in dirittura d’arrivo: non manca molto alla fine della scuola e – sebbene a distanza – è tempo di verifiche e di interrogazioni di recupero per chi ha dimostrato lacune o scarso impegno.
La Didattica a Distanza è un palliativo: utile a tamponare una situazione di emergenza, ma non paragonabile al lavoro in presenza.
Una cosa però è certa: se bisognava studiare prima, si deve studiare anche ora.
Se si vuole imparare qualcosa, a qualsiasi età, bisogna mettersi seduti, concentrarsi e … studiare.
E trovo rassicurante rendermi conto che gli studenti onesti siano rimasti tali e affrontino le verifiche senza imbrogliare.

Però – ahimè – sono parecchi i docenti che hanno lamentato la presenza di genitori che suggeriscono, che forniscono le risposte ai test, alle verifiche.

Mi riferisco alla scuola secondaria di primo grado, la cosiddetta ex scuola media, dove i genitori si ritrovano spesso a seguire i figli non ancora completamente autonomi.

E non mi riferisco certo a quei bravi genitori che in questi mesi si sono prodigati nell’affiancare i figli nello studio, nell’eseguire insieme quei problemi di matematica che risultavano incomprensibili, a quelli che – libro aperto alla mano – hanno “provato la lezione” per accertarsi che i figli la sapessero…
Non mi riferisco a quei genitori che hanno ripreso a ripassare inglese, francese, spagnolo… O che hanno cominciato a studiarlo da zero pur di essere d’aiuto…
Insomma, a quei genitori che hanno sostenuto, affiancato, preparato i propri figli giorno dopo giorno, compreso nel week-end, ma che poi li hanno lasciati “liberi” di affrontare le verifiche e le interrogazioni da soli, in piena autonomia.

Perché, vedete, suggerire o sostituirsi a un figlio durante una prova che prevede una valutazione, non è solo imbrogliare. Sul piano educativo significa allenare i figli ad essere disonesti, furbi, a considerare che “il fine giustifica i mezzi”. Della serie: perché fare fatica se c’è una facile scappatoia?

E allora penso che per qualche ragazzo il passo, in futuro, a commettere un illecito sia breve. Lavorare? E perché mai?! Basta rubare…
E se a insegnare una mentalità tanto scorretta è il genitore… quello che gli vuole bene… Allora significa che è giusto e non sbagliato.

Non solo.

Suggerire le risposte è un atto di sfiducia nei confronti di un figlio. E’ esattamente come dirgli: “Credo che tu non sia in grado di superare questa prova senza il mio aiuto”.

Se ci pensate, è come sottolineare la sua inadeguatezza.
Pensate alla sua autostima: secondo voi, ne uscirà rafforzata in questo modo? Oppure diventerà ancora più insicuro, più incerto?
E come credete che si sentirà, ricevendo un bel 9 o 10 immeritato?
Al posto di aiutarlo, lo demoliremo.

Gli insegneremo a vivere di bugie, di apparenza.

Già, perché se quel voto non è frutto di ciò che sa, “apparirà” studioso, bravo, ma non lo sarà veramente.
Tutti i docenti si aspetteranno da lui grandi prestazioni… Voti che, ripresa la didattica in presenza, non sarà più in grado di mantenere. E allora… quale delusione, quale frustrazione!

I preadolescenti hanno bisogno di crescere, di fare esperienze, di vivere i fallimenti e di superare gli ostacoli. In questo senso devono avere la certezza che saremo lì, al loro fianco, per sostenerli e incoraggiarli. Persino per stare in silenzio e lasciar parlare il nostro abbraccio.

Hanno bisogno di adulti responsabili, seri, di “valore”.
A loro non servono adulti falsi, furbi, che vivono di apparenza…
Perché ciò che desiderano di più è “essere autentici” ed essere apprezzati per ciò che sono davvero.

Un voto è solo un numero. Misura la prestazione di quel momento.
Ciò che sei o diventi, invece, è per sempre.

Non dimentichiamocelo!