Studenti in crisi dopo la prima settimana di scuola!

La scuola è iniziata ormai da una settimana e la bella notizia è che è ripresa in presenza.
Meraviglioso, no?

I ragazzi così possono ritrovarsi in classe coi compagni, ascoltare gli insegnanti che spiegano, uscire di casa tutte le mattine, non essere più soli.

E allora come mai ci sono ragazzi già in crisi?

La risposta è articolata.

Per prima cosa, durante la Dad si è persa un po’ l’abitudine alla classe.
I rapporti con i compagni, poi, sono diventati un po’ freddi e distanti. In alcuni casi sono scomparsi del tutto.

Così, tutta la perdita di socialità di cui si è sentito parlare, in realtà non era proprio riferita alla vita di classe, dove i compagni ascoltano le interrogazioni e giudicano (soprattutto se la prestazione è scarsa); dove la prof. restituisce le verifiche insufficienti e il votaccio è in bella mostra sul foglio davanti agli occhi di tutti.
E che dire degli intervalli, dove magari si resta tagliati fuori dal gruppetto leader e ci si sente così a disagio da voler scomparire?

Svegliarsi presto, uscire di corsa, ascoltare una prof. noiosa (senza addormentarsi) e indossare la mascherina per ore… Poi tornare a casa tardi, pranzare e via!

Sia ben chiaro: sono assolutamente favorevole e contenta delle lezioni in presenza, ma non posso fare a meno di ascoltare i ragazzi che mi parlano del loro disagio (antipatie, ansie, preoccupazioni, cadute dell’autostima).

Alcuni hanno già iniziato con verifiche, interrogazioni e la loro ansia è già andata alle stelle: faticano persino a dormire.

Ragazzi troppo fragili?  Non direi!
Per molti mesi si sono abituati a una scuola da seguire in casa propria, da soli.
Ora devono cancellare abitudini e ritmi della Dad per tornare a fronteggiare lo stress che la scuola in presenza richiede (corse, pranzi nel pomeriggio, cene veloci per poi ripassare, ecc.).

Si tratta di cambiare un’abitudine e per riuscire a farlo al meglio ci vogliono alcuni mesi.

Quindi…
I ragazzi possono apparire e risultare affaticati (sì, nonostante le lunghe vacanze);
possono essere preoccupati e in ansia oppure possono mostrarsi delusi dal rapporto coi compagni.

Per riprendere alla grande, devono impiegare un po’ di tempo: ora sono un po’… arrugginiti in tutti i sensi.

Perciò cosa fare?
– Non minimizzare né amplificare il loro disagio.
– Ascoltarli.
– Prendere in seria considerazione i loro bisogni (se li esprimono).
– Sostenerli e mettere in conto che per riprendere il giusto ritmo ci vorranno parecchie settimane.
– Spronarli a dare del loro meglio, senza caricarli di aspettative eccessive.
– Non sottovalutare le loro manifestazioni di ansia.

Se poi esprimono la necessità di essere affiancati da un professionista (teen coach, psicologo, counselor), meglio non perdere tempo e cercare il più adatto a far sì che i ragazzi tornino ad avere fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, gestendo al meglio le difficoltà che la ripresa della scuola in presenza comporta.

Scopri se i tuoi figli sono destinati a essere felici!

La scorsa settimana mi è capitato di ascoltare una breve conversazione tra due quattordicenni.

Una diceva all’altra: “Tu come ti immagini tra vent’anni?”
e poi, senza lasciarla rispondere, con tono entusiasta e occhi felici, continuava: “Io mi vedo sposata, con due figli, una bella casa… E tu?”.

La sua amica, con grande esitazione e aria perplessa: “Mah… Non so! Non riesco a immaginarmi!”.

Secondo voi, quale delle due ha più probabilità di essere felice?

La prima ragazza pare avere idee chiare e progetti. La seconda brancola nel buio.
In realtà, la prima ragazza “immagina” (quindi desidera) cose che sono fuori dal suo totale controllo.
Sposarsi significa trovare l’uomo giusto e questo non dipende esclusivamente da noi.
Bisogna avere anche un pizzico di fortuna, oltre che essere ricambiate.
Avere figli non è scontato, nemmeno quando i partner sono sani.
Ci sono coppie che scoprono di non riuscire ad averne solo dopo le nozze e la sofferenza è enorme.
Avere una bella casa dipende dalla disponibilità economica, quindi dalle entrate della coppia, perciò dalla posizione lavorativa di ciascuno.

Questi “sogni/desideri” sono molto pericolosi, perché si concentrano su ciò che non dipende da noi.

Sarebbe stato meglio se la ragazza avesse detto: “Io mi immagino laureata…”, perché l’obiettivo della laurea dipende da lei soltanto, dalla sua determinazione.

Nei percorsi di sviluppo delle Life Skills insegno ai ragazzi a porsi obiettivi realizzabili, sfidanti, gratificanti, che permettano loro di usare tutte le potenzialità che hanno.
Questo comporta che gli obiettivi vengano espressi correttamente e che dipendano al 100% da loro.

Più la realizzazione dell’obiettivo coinvolge altri e meno possibilità ci sarà di arrivarci.
Questo dobbiamo insegnare ai ragazzi!

Certo è meraviglioso lasciarli vivere dentro un film rosa, ma quando si sveglieranno… cosa accadrà?

Meglio guidarli a immaginare un futuro che dipenda dalle loro capacità, punti di forza, determinazione, volontà, motivazione, passione.

Qui non si tratta di togliere a un’adolescente il sogno di un matrimonio e dei figli, ma di indirizzare meglio i suoi obiettivi.

E sappiamo bene che il primo passo per trovare l’amore è quello di realizzare in primis se stessi. Non il “bisogno” dell’altro, ma il piacere di renderci conto che ci completa.
Non una vita che dipende dall’altro (dal suo umore, dal suo denaro, dalle sue attenzioni), ma che si arricchisce grazie all’altro.

Comprendere questo significa indirizzare i ragazzi a essere felici.
E questo è il compito più importante che abbiamo, in quanto adulti ed educatori.

Maledetta ansia scolastica! Come aiutare i figli a vincerla.

Sono molti i ragazzi che soffrono di ansia da prestazione scolastica e non vi è età, dato che coinvolge sia gli studenti della primaria sia gli universitari.

Ma di che cosa si tratta?

Di solito è legata alla paura dell’insuccesso, del giudizio negativo degli altri oppure al timore di non essere in grado di superare la verifica o l’esame.
Praticamente parte dal desiderio di essere ammirati, amati, ma anche dalla paura di essere ridicolizzati o addirittura rifiutati in caso di mancato superamento della prova.

I genitori, d’altra parte, sono spesso concentrati sul rendimento scolastico, sui voti, e talvolta pongono poca attenzione agli aspetti emotivi e affettivi.

Quante volte capita che figli diligenti e sensibili facciano di tutto per ottenere voti eccellenti nella convinzione di poter essere più amati dai genitori (magari rispetto a fratelli e sorelle)!

Il problema è che si crea un circolo vizioso: più i figli temono di sbagliare la prova e più aumenta l’ansia, con la conseguenza di sbagliare davvero e alimentare quindi la paura di non farcela.

Da dove partire per aiutarli?

Prima di tutto, facendo loro capire che non è necessario essere bravi a tutti i costi: l’importante è dare il meglio di sé, impegnarsi.
E poi smetterla di ragionare e valutare i figli in termini di “numeri”, cioè voti.

I figli devono aver chiaro che il loro “essere”, fatto di valori e qualità, è nettamente separato dal loro “avere” buoni voti.
Se sbagliano una prova, restano comunque degli “esseri stupendi”!

Dobbiamo poi renderli consapevoli che “sbagliare” fa parte dell’affrontare la vita ed è bene che accada, per imparare a superare la frustrazione che ne deriva.
Perciò affianchiamoli per far loro capire dove hanno sbagliato e trovare insieme il modo di recuperare, ma in totale assenza di giudizio.

I figli hanno bisogno di essere rassicurati sul fatto che non li vogliamo “perfetti”.

I ragazzi, che si pongono da soli obiettivi ambiziosi, tendono a non accettare cali di rendimento.
Ecco che dobbiamo farli riflettere sugli inconvenienti, come ad esempio un mal di testa, che possono limitare la prestazione.

È necessario che capiscano di non poter avere sempre un costante ed eccellente rendimento, perché ci sono variabili fuori dal loro controllo.

E… che siano sportivi o meno, facciamo in modo che “si scarichino”, magari andando all’aperto, nel verde, perché l’ansia prosciuga le energie e per rendere al meglio c’è bisogno proprio di quelle.

La primavera è alle porte, ma i ragazzi stanno “sfiorendo”!

La primavera è rinascita, cambiamento. E per i ragazzi è da sempre momento di gioia, di nuovi amori, di conto alla rovescia. Sono questi i mesi dello sprint finale per evitare i debiti, ma anche i fine settimana da trascorrere al parco con gli amici. Momenti fondamentali per un adolescente che ha bisogno di risultati, ma anche di confronto e condivisione con gli altri.

Oggi, però, i ragazzi osservano la primavera dalla finestra e, se a novembre erano arrabbiati, a dicembre in crisi, ora sono stanchi e demotivati, esasperati e depressi, perché la percezione che hanno è che “non cambi nulla”.

E non possiamo dargli torto.

Come Teen Coach me ne rendo conto, perché li seguo da vicino.
I mesi scorsi mi chiedevano aiuto perché la concentrazione scarseggiava durante le lezioni a distanza e  i voti si abbassavano. Mancava loro il rapporto diretto coi compagni e con i docenti, ma almeno avevano la speranza di veder cambiare le cose.

Ora non più.

Il breve ritorno alla didattica in presenza, per certi versi, ha solo peggiorato la situazione, perché i ragazzi si sono trovati a sostenere verifiche e interrogazioni quotidiane svolte in tempi stretti e con zero tolleranza da parte dei docenti. Nulla a che vedere con la “scuola” in presenza a cui erano abituati.

I liceali che seguo, infatti, mi raccontano di interrogazioni fatte a cronometro (dieci minuti e stop), di settimana in presenza con più interrogazioni giornaliere… Gli universitari mi parlano di esami scritti che nemmeno possono rivedere, una volta corretti.
Sbagliare e non sapere dove né come rimediare… Davvero destabilizzante per chi ci tiene a migliorare.

Già, perché gli adolescenti non sono tutti svogliati, votati all’happy hour: ce ne sono tanti che considerano la scuola/università importante e che si impegnano per ottenere buoni risultati.

Ora però sono sfiniti.
Io li vedo, ascolto i loro vissuti e mi rendo conto che stanno pagando un prezzo altissimo a causa della pandemia.

Studiano, si impegnano, seguono le lezioni, ma i mesi tutti uguali ormai sono tanti e “nulla cambia” per loro. Hanno esami e verifiche concentrati in poco tempo, così l’ansia da prestazione aumenta a dismisura. Ed è facile poi dire “basta che studi”. Non è così. Non basta. Non più.

Spesso hanno a che fare con docenti a loro volta pressati, inquieti, preoccupati e spaventati all’idea del contagio. Docenti che si sono dovuti inventare una nuova didattica, piegare a protocolli sempre diversi, senza aver più un confronto diretto con gli studenti.
E così molti hanno perso di vista l’aspetto più importante dell’essere docente: l’umanità, fatta di comprensione e tolleranza per la fatica condivisa.

Quale soluzione trovare?

Non c’è un “vaccino” uguale per tutti.
Tuttavia dobbiamo far sì che i giovani non si abbattano del tutto.

Dobbiamo coltivare in loro la speranza.
Non quella per cui “restare seduti” ad attendere che le cose cambino, che “i grandi” facciano qualcosa per loro.
Speranza nel senso di fiducia e impegno in direzione di un miglioramento, che certamente avverrà (anche se non sappiamo quando).

Gli adolescenti vedono tutto o bianco o nero. In questo momento “solo nero”.

Sta a noi, quindi, far loro cogliere le sfumature, aiutarli a dare un senso a questa attesa, fatta però di “azione” verso uno scopo.
Sta a noi sostenerli, affiancarli, motivarli a non mollare… Perché stavolta il peso da portare è troppo pesante e da soli non ce la fanno.

Gli adolescenti… Che bella storia!

Le gioie vanno condivise… e quando parlo di “ragazzi” per me è sempre una bella storia.

Ho conosciuto Matteo quasi due anni fa. Un ragazzone dagli occhi buoni e dai modi educati. Certamente più maturo rispetto alla sua età, innamorato di una ragazza che lui sente di dover proteggere perché “ancora ingenua”. Un vero amico: disponibile, sincero, molto empatico e ben voluto.
Il classico adolescente, però, che nasconde sotto un’armatura il suo vero e meraviglioso “io”: la sensibilità nascosta sotto un’espressione seria, talvolta dura. La sua coerenza e integrità che gli procurano discussioni e arrabbiature.

Quando ci siamo parlati la prima volta, mi ha detto una frase che non scorderò mai: “Eh, magari in un’altra vita!”. Non aveva capito di poter avere tutte le vite che desidera.

Mi confessava: “Ho mollato l’università, perché evidentemente non so studiare”.
E non si rendeva conto di essere più intelligente di tanti altri.

Ammetteva con dispiacere: “Ho fatto molti sport, ma non li ho portati a termine”, senza capire di aver fatto mille esperienze, che nessuno gli porterà mai via.

Non vedeva le sue qualità e si dipingeva con le parole degli altri: “Interessi? Mmm… non ne ho”.
E invece…

Il suo obiettivo l’aveva chiaro in testa: “Voglio conoscermi, capire chi sono e cosa posso fare”.

E la sua mamma è stata davvero lungimirante, visto che mi ha contattata lei, e ha fatto a suo figlio questo enorme regalo.

Matteo OGGI ha uno sguardo deciso, che trasmette vibrazioni positive:
sta terminando i due anni della scuola di specializzazione post-diploma che ha intrapreso al posto dell’università e mi parla del tirocinio che ha iniziato in azienda, dimostrando tutto il suo interesse.

La sua ragazza è al suo fianco e lui continua ad esserne innamorato di quell’amore fatto di ascolto, condivisione, ma anche di arrabbiature e discussioni che fanno crescere.

Lo vedo sereno, equilibrato.
E’ un giovane uomo che ora guarda avanti e s’impegna per il suo futuro.
Non più il ragazzo incerto che cerca una riva su cui approdare.

Porta avanti un lavoretto per seguire una sua passione: l’auto che si è comprato da solo e che ha sistemato poco alla volta, studiando la meccanica e tutto il resto.

Pensava di non avere interessi, di essere inconcludente, e invece sta studiando da solo il giapponese e quando parla della cultura nipponica gli brillano gli occhi.

Approfondisce tutto ciò che fa. Non resta mai in superficie.
Ha voglia di fare nuove esperienze, di mettersi alla prova, di cogliere le sfide… Mi trasmette entusiasmi che prima non aveva.

E continua a prendersi a cuore chi è in difficoltà: dall’amico al familiare. Vorrebbe vedere tutti sereni e soffre se capisce di non poter fare nulla per cambiare le cose.

Un’anima bella, come la definisco io.

Un giovane che è diventato grande, perché finalmente conosce le sue possibilità, “vede” i suoi punti di forza e si rende conto della sua unicità.

Se non è una bella storia questa… 😉

Aiuta tuo figlio ad affrontare le difficoltà come fossero “avventure irripetibili”.

Il problema di cui mi parlano spesso i ragazzi è la paura di affrontare prove e sfide.
Una paura che spesso li blocca e impedisce loro di ottenere il risultato che desiderano.

È il timore di sbagliare, il terrore di fallire, il disagio di essere giudicati.

La soluzione che di solito indichiamo loro è l’impegno: “studia di più” per migliorare i tuoi voti, “allenati di più” nello sport, “esercitati più ore” nel caso suonassero uno strumento o danzassero.
E non è un consiglio sbagliato, ma… Nonostante questo, rendono poco.
Come mai?
Perché si tratta di una “questione mentale”!

Provate a far guardare loro “la difficoltà” che devono affrontare come fosse “un’avventura irripetibile”.

Sì, usate proprio queste parole: avventura irripetibile… E aprirete loro una porta.
Pensate un po’ al significato di queste parole, all’immagine che trasmette e alle emozioni che può suscitare…

La parola “avventura” stimola il desiderio di viverla e questo fa provare “grinta”, coraggio e non paura e resa.
E quando ci dicono che qualcosa è “irripetibile”, sentiamo che è un’occasione speciale, unica, da non perdere.

Ci rendiamo conto che non ci sarà un’altra prova o esperienza identica a quella che dobbiamo e vogliamo affrontare.

La verifica, l’interrogazione, l’esame universitario piuttosto che la gara, il torneo, il concorso sono tutti momenti irripetibili, unici… Ed è questo il bello!

Perciò vale la pena affrontarli con l’animo di un vincente, perché chi si sente così va incontro alla prova con determinazione e non come una vittima sacrificale.

Le difficoltà sono lì per essere superate e vanno affrontate come si fa con le migliori avventure della Vita!

Genitori tossici: ecco come riconoscerli.

Sentiamo spesso parlare di relazioni tossiche, ma raramente leggiamo di “genitori tossici”, che con i loro comportamenti procurano ai figli sofferenza e scarsa autostima.

Credo importante parlarne, per saperli identificare, perché ci potrebbe capitare di incappare in uno di loro (magari fra i nostri amici, parenti o peggio, se si trattasse del nostro partner) e sarebbe bene provare a convincerli a farsi aiutare da uno specialista, come lo psicologo, per non danneggiare ulteriormente i figli.

Vediamo quindi le caratteristiche.

Il genitore tossico è iper-critico: non gli va mai bene niente.
Se il figlio a scuola riceve un bel 9, lui si mostra scontento perché non ha preso 10.
Perciò commenta in modo secco, duro, senza preoccuparsi di ferire il figlio.

Di solito è focalizzato sui suoi desideri e non tiene conto dei bisogni dei figli.
Vuole controllare tutti e spesso usa le urla per ottenere ciò che vuole oppure insinua in loro dei sensi di colpa.

Ama essere al centro dell’attenzione dei propri figli e lo fa mostrandosi preoccupato o arrabbiato, così i figli se ne fanno carico, soffrendo nel vederlo infelice.
Praticamente, al posto di alleggerire i figli, li carica di pesi che a quell’età non dovrebbero portare.

I genitori tossici sono negativi e si lamentano di continuo coi figli.
Nulla va bene!

Le conseguenze sono davvero pesanti per i figli, perché crescere con genitori tossici significa essere delle vittime e accumulare rabbia che spesso non si riesce a sfogare.
Significa anche dover vivere in un ambiente che fa star male, che fa soffrire e che spinge a mettere in dubbio i propri bisogni, per assecondare e appagare quelli del genitore.

D’altra parte, il genitore tossico fa sentire i figli inadeguati.
Per lui non sono mai “abbastanza” bravi, così loro crescono sentendosi sempre in difetto, sbagliati e imperfetti.

Lui non si mette mai in discussione, è perfetto così, mentre i figli sono sempre più insicuri e la loro autostima si sgretola pian piano ogni giorno di più.

Ecco, se pensiamo di aver riconosciuto un genitore tossico tra i nostri parenti o amici, proviamo a parlargli per vedere se è disposto a mettersi in discussione e a cambiare.
Facciamolo con delicatezza, però, perché i genitori tossici difficilmente riconoscono i propri errori.

Tuttavia… tentar non nuoce!

Ritorno alla didattica a distanza: ecco come motivare i vostri figli.

Ieri, durante una sessione di Coaching a distanza, un adolescente mi ha esposto il suo problema: “Mi sembra di perdere tempo! Prima odiavo la mia routine, ma ora mi manca tantissimo!”.

Nonostante le video-lezioni, lo studio e una casa spaziosa con un bel giardino, si esprimeva come se vivesse in gabbia e senza più una meta: “Sai, all’inizio ho pensato a quanto tempo potevo avere senza spostamenti ed ero così contento di poter guardare film o di poter giocare on-line fino a tardi… Ma ora non ho più voglia di fare niente e mi sento sempre più stanco! Anche l’umore sta andando a terra!”.

Era ovviamente una richiesta d’aiuto.

Magari sta capitando anche ai vostri figli di “sentirsi persi” a causa delle nuove restrizioni e del ritorno alla didattica a distanza.

Il fatto è che spesso, quando i ragazzi hanno  molto più tempo a disposizione, finiscono per sprecarlo.

Sì, magari godono di alcuni “lussi” come restare alzati fino a tardi, ma quella routine che hanno abbandonato, sta lasciando spazio solo al caos.

E quando in testa hanno il caos, è facile che si sentano disorientati, senza più una meta.

In realtà non è che non facciano niente.
Riempiono  il tempo libero con attività (videogiochi, YouTube, ecc.) che con l’inizio della scuola avevano dovuto limitare.
Praticamente hanno sostituito una routine che aveva uno scopo con un’altra che di scopo non ne ha, se non quello di combattere la noia che provano facendo “scuola” da casa.

Il fatto è che avere orari fissi solo per le video-lezioni non basta.
Bisogna tornare a scandire il tempo con attività ben definite, nonostante le restrizioni.

Come fare? Da dove partire? Ecco dei suggerimenti.

Coinvolgete i vostri figli e stabilite a quale ora è salutare andare a dormire per essere attivi l’indomani  (il “non ci riesco” dei ragazzi è una scusa).
Proponete di lasciare la visione di film o serie preferite alla sera, appena DOPO cena, e di chattare con gli amici PRIMA di cena.

Poi accordatevi su una fascia oraria per fare compiti e studiare (magari nel primo pomeriggio).

Se i ragazzi sono poco motivati a studiare, spingeteli a fare i compiti a distanza con un compagno: basta utilizzare skype o semplicemente Whatsapp.
E’ utile ai ragazzi per non annoiarsi e per sostenersi a vicenda. Vale anche per lo studio o per verificare la loro preparazione in vista di una interrogazione.

Se praticavano sport e ora non è più possibile, fate in modo che continuino a muoversi:
scegliete con loro attività all’aperto come la bici, la corsa, cercando di variare le attività (altrimenti sai che noia!). Se i vostri figli si allenavano in palestra, potete trovare un’app che proponga ogni giorno nuovi esercizi da fare a casa.

Dalle video-lezioni, si sa, non possono disertare… Ma almeno hanno degli obiettivi, visto che i docenti seguono un programma.

Ciò che dovete assolutamente combattere è ciò che li rende insoddisfatti e questo di solito accade quando non hanno obiettivi.

Perciò la prima regola è far sì che abbiano nuovi traguardi e che si dedichino ad attività che li “riempiano” di soddisfazione (es. disegnare, dipingere, leggere, suonare uno strumento, esercitarsi nel canto o in una lingua straniera…). Di sicuro limitare i videogiochi o i giochi online.

Questo è un buon modo per creare una nuova e sana routine, senza trascurare di “mettere un lucchetto” al frigorifero, dato che parecchi adolescenti (e adulti) si sono abbuffati durante lo scorso lockdown per vincere la noia.

Nutrite quindi i vostri ragazzi di attività che regalino loro un senso di pienezza a fine giornata. Saranno stanchi magari, ma felici.

Se vuoi trasmettere a tuo figlio di non tenere a lui, lascia che rientri sempre più tardi.

Siamo in piena estate e – Covid o meno – i ragazzi in vacanza o a casa pressano per uscire la sera e soprattutto per rientrare sempre più tardi.

A mezzanotte ormai rientra solo cenerentola… perché gli adolescenti, anche se minorenni, tendono a rientrare tra l’una e le quattro del mattino…

Alcune madri disperate, ma rassegnate, mi hanno detto: “Cerco di stare sveglia ad aspettarlo, ma poi crollo!” oppure “Io e mio marito ci diamo il cambio: un po’ sto sveglia io e un po’ sta sveglio lui, finché nostra figlia non rientra”…

Ma c’è stata una madre che mi ha detto seccata: “Mia figlia non ne vuole sapere di tornare a casa entro mezzanotte, ma perché io non posso godermi il riposo che aspetto tutto l’anno?”.

E l’obiettivo è proprio questo: essere felici voi e i vostri figli. Non solo loro.
Non dimenticate che i ragazzi hanno i loro bisogni, ma voi avete i vostri.

Meglio quindi raggiungere un compromesso.
Ad esempio: proponete il coprifuoco a mezzanotte, così vostro figlio chiederà l’una e arriverete a mezzanotte e mezza.

Anche se dovete avere ben chiaro qual è il limite per voi.
Le 3 di notte, onestamente, sono ingiustificate, visto che non vanno a scuola e quindi gli amici possono vederli durante il giorno.

Il concetto è porre un limite che sia utile a salvaguardare la loro sicurezza e incolumità. Quindi una regola educativa, non punitiva.

E se si lamentano che “tutti stanno fuori fino alle 3”, senza polemica né tono seccato, ribadite che – secondo voi – non vi è motivo di stare in giro fino a quell’ora. E non raccogliete le provocazioni, non state a discutere. Il limite è questo. Punto.

Dite: “Non ce l’ho con te, anzi! Ti voglio bene e proprio per questo non trovo sicuro che tu stia in giro fino a tarda notte”.

Non dico che sarà una passeggiata… ma provateci! E fatemi sapere!

Grazie alla mia Coach, la mia vita è ripartita meglio di prima!

Ciao a tutti! Mi chiamo Sara, ho 17 anni e … è la prima volta che parlo di me pubblicamente, perciò spero di non annoiare nessuno.

Molti mesi fa, all’inizio del mio penultimo anno di liceo, erano cambiate molte cose: alcuni prof. a cui mi ero affezionata non c’erano più; in classe era arrivata una nuova compagna molto aggressiva; le mie prime verifiche erano andate male e io ero andata proprio in crisi.

Non so… ero tesa, nervosa, anche demoralizzata, perché non funzionava più niente nella mia vita e le mie amiche mi avevano tagliata fuori, seguendo la nuova compagna, una vera leader, che non mi poteva vedere!

Non è che io sia una tipa super festaiola: ci tengo ad avere buoni voti e per questo esco solo il sabato e/o la domenica… Ma era sempre andata bene alle mie amiche, che erano un po’ come me.

Poi di colpo è cambiato tutto! E io mi sono sentita sempre peggio…
Le mie amiche volevano uscire solo con questa compagna e la sua compagnia di ragazzi un po’ più grandi e io non andavo più bene.

Adesso posso dirlo: soffrivo e mi arrabbiavo per questo. Ma dopo i primi due mesi così… ho cominciato a sentirmi sempre più triste e sola.
I miei genitori mi dicevano: “Esci! Divertiti!”. Ma con chi?
Le mie amiche erano diventate così diverse da me! Sembravano più grandi e io mi sentivo proprio uno schifo vicino a loro.
Ogni volta che le vedevo a scuola ero a disagio; ogni volta che avevo una verifica avevo una paura terribile di sbagliare e quando ero interrogata mi veniva la nausea.
Che brutto periodo!

Poi, grazie ad un’amica dei miei genitori, ho incontrato Laura!

I Miei mi avevano spiegato che non sarebbe stato l’inizio di un percorso, ma solo una sessione di coaching per capire il mio problema e conoscermi. Beh, il fatto di sapere di poter scegliere se proseguire o no mi aveva tolto un po’ di ansia, ma… il miracolo – come dico io – l’ha fatto lei, Laura, col suo sorriso e la sua tranquillità. Mi ha ascoltata davvero… Capivo che lo faceva con grande attenzione e interesse, senza mettermi a disagio, senza giudicarmi.

Alla fine del primo incontro lei era riuscita a fare centro e mi aveva spiegato come avremmo potuto procedere per farmi tornare serena e sicura di me.
Ero così contenta che ho chiesto io di fare il percorso e da lì è cominciata la mia risalita.

Ogni volta non vedevo l’ora di incontrarla, perché capivo qualcosa in più di me, e lei mi trasmetteva una gran forza.
Poi è arrivato il Covid-19 e ho avuto paura di interrompere il mio percorso e di crollare di nuovo.

Invece no! Abbiamo continuato vedendoci a distanza via Skype ed è andata benissimo, perché ho continuato a “crescere” e ad allenare le mie potenzialità.
Grazie alla mia Coach, ho usato così bene il tempo che ho guadagnato davvero voti eccellenti e poi ho ripreso i contatti con le mie amiche.

Per me l’isolamento è stato un momento positivo, perché la mia vita è ripartita.
Laura mi ha sempre tampinata, anche quando non eravamo in sessione.
Non mi sono mai sentita sola e questo mi ha dato forza. Lei è una vera forza! E io spero di diventare tosta come lei… Anche se lei dice che forte lo sono sempre stata, senza nemmeno accorgermene.

Ho imparato tanto e ho “spuntato” parecchi obiettivi.
Ora che sono in vacanza mi guardo indietro e mi sento nuova.

Sento di essere io, quella vera. So che non sarà facile affrontare nuovi problemi… perché ce ne saranno!, ma sento di poterci riuscire.
Ho capito come fare e Laura mi ha regalato tanti strumenti per fare da sola.

Cara Laura, sarai sempre la mia Coach!

Con affetto,
Sara R.