Quando i figli rifiutano il dialogo, cosa fare?

Prima erano dei bimbi adorabili, vi raccontavano e vi domandavano di tutto e per voi erano facilmente gestibili. Poi la trasformazione: tra gli 11 e i 17 anni cambia tutto e voi non li riconoscete più. Sbattono le porte, rispondono con un’alzata di spalle e a tavola stanno in silenzio. Poi si attaccano al telefono e parlano con tutti tranne che con voi.

MA CON CHI CE L’HANNO?

Siete voi genitori quelli da cui devono distaccarsi per “crescere” e diventare autonomi.
Perciò cercheranno di farvi sentire in colpa per il tempo che non potete dedicare loro e perché lavorate troppo.
Cercate di non perdere autorevolezza e non lasciate che i vostri figli diventino dei tiranni.

PERCHE’ PARLANO SOLO CON GLI ALTRI?

In casa stanno in silenzio e spesso si chiudono nella loro stanza: evitano di rispondere alle vostre domande, non vogliono parlare di sé. Con gli altri, invece, sono chiacchieroni, allegri e vivaci.
Ovvio che voi li sentiate sempre più distanti da voi, ma non significa che loro non vi amino.
Sentono il bisogno di crescere e per questo spostano la loro attenzione verso il “mondo esterno”, perché non vogliono essere risucchiati da voi e dal mondo che ormai sta loro stretto.

COSA FARE?
Sicuramente rispettare i loro silenzi e non forzarli a parlare.
Piuttosto siate voi genitori a parlare con loro, raccontando la vostra giornata o coinvolgendoli nelle decisioni che riguardano tutta la famiglia.

PARLA CON ME SOLO QUANDO VUOLE QUALCOSA.

Provate a domandarvi: “Ma io come comunico con lui?”.
Vi renderete conto che le vostre domande sono generalmente legate a fatti: “Hai fatto i compiti?”, “Hai messo in ordine la tua stanza?”, “Con chi esci?”.
Manca la “comunicazione interiore”, cioè quella delicata, sensibile.
“Ho notato che sei un po’ triste: va tutto bene con la tua ragazza?”, “Senti, ma quali sono le materie che ti piacciono di più a scuola?”.
In questo caso le domande non danno l’idea dell’interrogatorio e i figli capiscono che “ci siete” e sarete lì sempre per loro, anche se in quel momento non sono pronti a darvi una risposta.
Perciò, non state ad origliare le loro telefonate o a curiosare sul loro diario segreto…

Semmai, fate i conti con le vostre paure. Di che cosa avete davvero paura?

Siate sinceri con vostro figlio e ditegli la verità in modo semplice: “Ho paura quando esci, se non so con chi sei e che cosa farai”.
Se poi non ricevete risposta e vi ritrovate faccia a faccia col muso lungo di vostro figlio, be’, non iniziate una guerra verbale con lui. Tanto è inutile.
Senza rendersene conto, scarica su di voi la sua rabbia, che è l’unico modo per staccarsi da voi.

COME INTERVENIRE?

Siate distaccati, non fatevi coinvolgere.
Non perdete autorevolezza, ma evitate lo scontro.
Spiegategli che, se è arrabbiato per qualcosa che non c’entra con voi, vi dispiace, ma le delusioni e i dispiaceri sono una cosa normale nella vita. Si superano. Per questo è ingiusto che se la prenda con voi.

E SE SI CHIUDE IN CAMERA SUA?

I figli ne hanno bisogno: quando sono tristi, arrabbiati o hanno voglia di tranquillità.
Cercano uno spazio privato in cui sentirsi liberi.
Stanno sul letto e fissano il soffitto: in questo modo ritrovano se stessi, pensano, imparano a stare senza il gruppo, fanno pace con se stessi e tornano in forze per affrontare la Vita.

UNA BUONA OPPORTUNITA’: UN MENTORE.

Se proprio non riuscite a dialogare con vostro figlio, ma vi accorgete che lui ha stabilito un buon rapporto con uno zio o con un Teen Coach o con un insegnante di cui si fida, fatevi da parte e lasciate spazio a questo mediatore del quale avete fiducia.
Può essere una soluzione vincente, perché l’importante è che vostro figlio si confronti e parli con un adulto che sia capace di guidarlo.