Ragazzi, imparate a essere “determinati” e… arriverete alla meta!

Avete voglia di raggiungere un obiettivo che prevede di impegnarvi per molto tempo e avete paura di non farcela?
Siete caduti nel “vorrei, ma non so se ce la farò”?

Non preoccupatevi!

La soluzione c’è, ma prima rispondete a una domanda: “Da 0 a 10, quanto ci tenete a raggiungere il vostro obiettivo”?
Più vi avvicinate al 10 e più significa che quell’obiettivo per voi è importante.

Ma come fare per non mollare?

Dovete essere “determinati”!
Significa che dovrete aver chiaro, nei minimi dettagli, il vostro obiettivo e considerare sia i lati positivi sia gli ostacoli e le difficoltà del percorso che dovrete fare.

Prima di tutto dovrete far tacere la vocina che avete in testa e che vi ripete che “non ce la farete mai”.

Poi dovrete mettere in conto che arriveranno i momenti in cui vorrete arrendervi: non fatelo!
Se le difficoltà saranno molte, non cambiate obiettivo, ma trovate nuove strade per raggiungerlo.

Restate concentrati, anche se il risultato non si vede subito!
E se sbaglierete qualcosa, sarà normale, perciò continuate pure a sbagliare, finché non troverete la via giusta.

Fate così:
1) preparatevi ad affrontare gli ostacoli, riflettendoci in anticipo: pensare che tutto andrà bene, senza prepararsi per tempo, significa essere superficiali;

2) guardatevi dentro: “Sapete rialzarvi quando cadete?” o siete di quelli che mollano alla prima difficoltà?
E’ importante rispondervi in modo sincero, se volete porvi grandi obiettivi;

3) lavorate tutti i giorni sul vostro obiettivo e non rimandate a domani, perché il rischio è abbandonare l’obiettivo;

4) concentrate la vostra attenzione sui passi “veramente” necessari per giungere al vostro obiettivo: piccole cose, ma davvero utili;

5) smettetela di dire o pensare che “non siete dei talenti”!
La determinazione, intesa come enorme impegno, è fondamentale quando volete raggiungere un importante traguardo.
Fissarvi sul discorso del “talento” è solo una scusa per non impegnarvi!

 

* Articolo scritto da Laura Gazzola e pubblicato sulla pagina dei ragazzi de La Provincia di Como (16/10/2018)

Dodici passi per accrescere l’autostima dei figli.

Sapete qual è una tra le maggiori preoccupazioni dei genitori?
La scarsa autostima del proprio figlio.

Vediamo quindi qualche consiglio, prendendo spunto dalle affermazioni di Kenneth Barish, uno psicologo infantile che sostiene che lodare i figli per i loro successi li aiuti ad accrescere l’autostima.

1. Diciamo loro che siamo orgogliosi di ciò che fanno per “gli altri”.
E “gli altri” sono anche la mamma e il papà. Perciò è bene che rimettano a posto la loro camera, i loro giochi, apparecchino e sparecchino. A ciascuno il suo compito: la famiglia è una squadra!

2. Esprimiamo la nostra felicità per i piccoli-grandi successi che raggiungono.
Questo sarà il trampolino di lancio verso nuove sfide da cogliere senza timore.

3. Aiutiamoli a gestire e a manifestare le emozioni.
E’ importante che imparino a non fare un dramma di fronte a certe delusioni.
I problemi si possono risolvere.

4. Teniamoli lontani dai nostri momenti di rabbia e frustrazione.
Quando siamo nervosi o stressati, cerchiamo di isolarci e di “sbollire”.
Ricordiamoci che i nostri figli non sono responsabili del nostro malessere.

5. Non critichiamoli, ma incoraggiamoli.
Dire: “Ma io non lo critico: cerco solo di spronarlo” è una bugia.
Incoraggiarli significa far sentire loro che ce la possono fare ed è ben diverso che criticarli.

6. Insegniamo loro l’importanza di rispettare i bisogni e i sentimenti degli altri.

7. Ascoltiamo la loro versione della storia, quando “combinano” qualcosa.
E’ importante far capire che li ascoltiamo, anche se poi facciamo notare loro che cosa stanno sbagliando.

8. Alleniamoli ad aver pazienza.
Se stiamo parlando con qualcuno, se stiamo telefonando, cucinando, ecc. facciamo loro capire che non devono interromperci, ma attendere il loro turno.

9. Rendiamoli responsabili.
Affidiamo loro dei piccoli compiti di responsabilità (per esempio apparecchiare, o accudire e insegnare ai più piccoli). Questo permetterà loro di diventare degli adulti più premurosi e attenti alle esigenze degli altri.

10. Diciamo “no”, ma con calma e senza aggressività.

11. Facciamo capire ai bambini di aver infranto le regole.

12. Non iniziamo le frasi con “se non”.
Capita di voler ottenere qualcosa da loro e iniziare la nostra frase con “Se non…”. Ma sbagliamo!

Ragazzi, occhio al… Vamping!

Ragazzi, oggi parliamo di un argomento da non prendere alla leggera.

Avete presente gli studenti che “dormono” durante le lezioni?
Quelli che usano il banco come un cuscino e scrivono stando sdraiati sul braccio, sbadigliando di continuo?
Alcuni dicono apertamente di aver visto un film fino a tardi, ma altri sostengono di essere andati a letto alle nove.

E allora come mai sono in quelle condizioni?

Semplice: utilizzano fino a mezzanotte e oltre lo smartphone per chattare (whatsapp), postare foto, guardare video su Youtube.
E tutto all’insaputa dei genitori, che li credono a dormire.

So che molti di voi non ci trovano niente di male, ma questo fenomeno ha un nome ed è stato studiato da esperti.
Si chiama “Vamping” e consiste nel restare svegli anche tutta la notte sui social.

Cosa succede però poi al fisico e alla mente?
Be’, la mattina c’è una grande stanchezza, che impedisce di stare attenti e concentrati.
Si diventa irritabili e nervosi, perciò si risponde male.
Spesso si ha mal di testa e lo si attribuisce allo stress delle verifiche, ma non è quella la causa.
I voti, tra l’altro, si abbassano e l’ansia aumenta.

Capita anche a voi?
Allora, forse, se vi dicessi che vivere “iperconnessi” è una dipendenza, mi direste che questo problema riguarda gli altri e non voi.

Ma state attenti ai segnali: se vi accorgete di essere sempre stanchi, tesi, se sentite il bisogno di dormire durante il giorno, chiedetevi quante ore siete stati “connessi”.
Ci sono ragazzi che passano SEI ore davanti a uno schermo!

Dunque come fare a tornare pieni di energia?
Non dovete eliminare la tecnologia, ma darvi delle regole e seguirle ogni giorno un po’ per volta.
Stabilite, ad esempio, di spegnere il cellulare alle 22.30 e datevi come obiettivo di non mollare per una settimana.
La settimana successiva, spegnete il cellulare alle 22.15 e così via sino ad avere OTTO ore di sonno.

Lo so, sarà dura, ma ce la potete fare! Vi farà tornare vitali, allegri, socievoli. Vi sembra poco?

 

* Articolo di Laura Gazzola, pubblicato sulla pagina dei ragazzi de La Provincia di Como (7/11/2017).

Cari genitori, se vostro figlio è maleducato, la colpa è solo vostra!

Oggi parliamo di “parolacce” e dell’uso smisurato e non necessario che ne facciamo, salvo poi rimproverare i ragazzi che le dicono e bollarli come “maleducati”.
E’ stato scritto parecchio sull’uso “terapeutico” della parolaccia e non starò certo qui a ripeterlo. Che la parolaccia, se usata al momento opportuno, è liberatoria… l’abbiamo sperimentato un po’ tutti.

Tuttavia oggi siamo di fronte ad un abuso di queste parole volgari: il noto Sgarbi ci ha fatto i soldi, insultando gli altri a parolacce.

E che dire delle espressioni “colorite” utilizzate in casa da molti genitori, rivolte ai figli o usate come intercalare?
Un tale “allenamento” ad usarle, da diventare inconsapevoli del loro utilizzo e… farsele scappare anche durante colloqui scolastici con i professori… come fosse la normalità.
Sempre più spesso sento genitori esprimersi con parole o espressioni volgari.
Gli stessi genitori che poi vedo stupiti, scioccati, quando vengono convocati per tutte le parolacce che il figlio utilizza in ambiente scolastico.

La parolaccia non è il demonio, ma usarla quando non è necessaria, porta certamente ad un degrado.

Il bimbetto di cinque anni che dice “Pu**ana” alla mamma, col sorrisetto sulle labbra, NON è divertente e non fa ridere!
La ragazzetta undicenne che risponde a una compagna “Che c***o vuoi?!” non è in preda ad un attacco di ribellione adolescenziale!
Il ragazzo che, ridendo, risponde al padre: “Non mi rompere i co****ni” , non ha capito qual è la “gerarchia” (anche se è una parola che non mi piace).

Stiamo sottovalutando il problema. Lo stiamo addirittura banalizzando.
Ma immagino quanti leggeranno e muoveranno un sorrisetto di compatimento, pensando “che esagerazione!”.

Eppure basta ascoltare le lamentele dei genitori per rendersi conto che usare e permettere l’uso delle parolacce in casa porta pian piano ad una mancanza di rispetto.
Se tollero che mio figlio mi risponda (o commenti quanto gli dico) con parolacce, mi sono giocato il suo rispetto.
Certo che – se il primo ad usarle “simpaticamente” nei suoi confronti sono io – non posso pretendere che lui si rivolga a me senza usarle, perché i ragazzi fanno presto a dire: “Eh, ma lo fai tu! Perciò lo faccio anch’io!”. E come dar loro torto?!

Cari genitori, non possiamo pretendere un linguaggio rispettoso se non lo usiamo noi adulti per primi.

Sento spesso dire: “E’ colpa della società”.
Signori, ma la società siamo noi! Ciascuno di noi!
E se ciascuno facesse la sua parte, si sforzasse di essere più educato, più rispettoso… i ragazzi – automaticamente – farebbero lo stesso.

Non è mai troppo tardi, anche se i figli sono ormai grandicelli. Basta essere onesti con loro e ammettere di aver sbagliato per primi nell’aver usato le parolacce e chiedere a tutta la famiglia di impegnarsi a non dirle più. Non sarà una passeggiata, certo.

Ma si può sempre cambiare e migliorare.

Se invece preferite non fare questa fatica, se pensate che il rispetto sia slegato dall’utilizzo delle parolacce… fate pure.
Continuate così.
A me – non so perché – viene in mente solo il titolo di un articolo che ho letto e che recitava così: “Cari genitori, se i vostri figli sono maleducati, la colpa è solo vostra!”.

Cari genitori, voglio un modello a cui ispirarmi!

Di che cosa hanno bisogno i ragazzi?
Che cosa cercano gli adolescenti?
Per capire che cosa conta davvero per loro bisogna ascoltarli, osservarli, cercare di capirli.
Insomma, stare con loro.

Sapete cosa ho imparato in tanti anni al loro fianco?

Che i ragazzi di tutte le generazioni cercano un MODELLO al quale ISPIRARSI, ma non un modello qualsiasi.
Una persona con esperienza, che sappia consigliarli, senza mettersi sul piedistallo; una persona coerente, che non abbia paura di lottare per ciò che è giusto e di battersi contro le ingiustizie.
Un adulto che non imponga le sue regole in modo autoritario, ma li coinvolga nelle decisioni da prendere.

Diventa un modello chi si dimostra onesto, leale.
Chi riesce a farli sentire amati e importanti per ciò che sono, non per i voti che ottengono o per i capi firmati che indossano.

Gli adolescenti, anche i più “duri”, apprezzano un adulto capace di essere se stesso, “vero”, senza maschere né inganni.
Uno che, al momento opportuno, sappia dire senza esitazioni: “Ti chiedo scusa, perchè ho sbagliato”, senza per questo sentirsi vulnerabile.

I ragazzi prendono a modello chi sa trasmettere entusiasmo, forza e che dimostra di credere in loro.

A questo punto tocca a noi adulti scegliere: vogliamo essere un modello o no?
Io sono convinta che ne valga la pena.

Istruzioni per… essere un buon genitore!

Una delle domande più frequenti che si pongono i genitori in attesa è “sarò capace di essere un buon genitore?”.
L’istinto purtroppo non basta.
Perciò è meglio informarsi e magari seguire alcuni suggerimenti, in modo da placare ansie, dubbi e preoccupazioni. Purtroppo i figli non arrivano col manuale delle istruzioni!

Perciò… che tu sia prossimo a diventare genitore o che tu abbia già figli – piccoli o addirittura adolescenti – ecco alcuni buoni consigli!

1) Diventa un buon modello!
Non finirò mai di dirlo: i figli, di qualsiasi età, imparano da noi, imitandoci.
Perciò, insegnagli a distinguere ciò che è bene da ciò che è male; sii amorevole, empatico, positivo e porta loro il rispetto che vuoi per te.

2) Prenditi cura di te!
Significa che se sei troppo stanco, stressato, assonnato non puoi prenderti correttamente cura di un bambino.
Perciò, fai in modo di mangiare sano, bere liquidi e riposare.
E se riesci, per un’ora alla settimana cerca di dedicarti ad uno sport o ad una attività che ti piace: fai in modo di svolgerla fuori casa e senza tuo figlio, in modo da “staccare la spina”.

3) Sii organizzato!
Un genitore organizzato trasmette sicurezza e i bambini placano le loro ansie, se sanno com’è organizzata la giornata.
Perciò stabilisci degli orari fissi per cenare, andare a letto e definisci anche il tempo del gioco (che sia fuori casa o davanti ad un pc o sullo smartphone).
Tuo figlio deve conoscere questi orari e ciò che lo aspetta di giorno in giorno (come la visita dal dentista, lo sport, ecc.).
Assegna a tuo figlio un piccolo “dovere” (come rifarsi il letto o apparecchiare), perché tutti in famiglia ne hanno. In questo modo lo preparerai anche alla vita fuori casa.

4) Dai amore e abbracci!
Tuo figlio ha bisogno di sentire che lo ami tutti i giorni, perciò fagli sapere che è importante per te.
Mostragli il tuo amore, anche con un abbraccio: lo aiuterà ad accrescere la sua autostima e ad imparare ad amare gli altri.

5)Ascolta e comunica!
Sii un buon ascoltatore, in modo che tuo figlio sappia di poterti parlare sempre di qualsiasi cosa.
Se saprai ascoltare, è probabile che anche tuo figlio svilupperà questa qualità.
Se è già adolescente, affronta argomenti delicati come la droga, l’abuso di alcool, la guida spericolata, in modo che diventi consapevole delle conseguenze.
Parlagli dei veri amici e insegnagli a distinguerli dai falsi amici.
E quando comunichi con lui, usa un tono pacato, non urlare!
Altrimenti tuo figlio si chiuderà e non ascolterà più nulla di ciò che gli dirai.

5) Scegli le battaglie da combattere!
Non impuntarti su qualsiasi cosa: controlla che tuo figlio non faccia del male a sé o agli altri (in questo caso intervieni in modo fermo), ma se sbaglia qualcosa senza rendersene conto, non punirlo, ma dialoga con lui.

6) Sii positivo!
I figli amano essere lodati dai propri genitori, ma tu fallo senza esagerare, cioè quando ve n’è motivo.
Dimostragli di essere soddisfatto di lui, ma se desideri spronarlo a fare meglio, non dirgli: “Sono contento che tu abbia vinto la partita, MA potresti schiacciare meglio quella palla!”.
Prova invece così: “Sono contento per la vittoria! Ti va se il prossimo sabato lavoriamo sulle tue schiacciate?”.
Questo incoraggia tuo figlio ad avere una migliore immagine di sé, piuttosto che deprimerlo.

7) Metti dei limiti!
Stabilisci dei limiti per i tuoi figli e falli rispettare.
Loro proveranno a scavalcarli per avere più libertà.
Talvolta i bambini fanno fatica a capire che i limiti sono imposti per il loro bene, perciò parlagliene: cerca di farti capire, usa degli esempi concreti.

8) Lascia che prenda coscienza dei suoi errori!
Se tuo figlio commette un errore, aiutalo a pensare a come affrontarlo.
Così favorirai la sua capacità di problem solving e lo aiuterai a diventare più responsabile.

9) Lascia che sia indipendente!
Magari per te è difficile restare a guardare, mentre tuo figlio di tre anni insiste per vestirsi da solo con abbinamenti orribili o stravaganti.  Ma lasciaglielo fare (entro limiti ragionevoli)!
Se lui imparerà a fare da solo, tu sarai un po’ meno stressato!

10) Organizza delle uscite con la tua famiglia!
Ci sono tante cose da vedere e da vivere: musei, gite in mezzo alla natura per imparare a identificare le piante, gli alberi e i fiori, uscite al parco, in bicicletta, a cercare funghi o castagne, a giocare con la neve…
In questo modo trascorrerai del tempo con tuo figlio e contemporaneamente gli insegnerai qualcosa.

11) Leggi per lui!
Se hai un bimbo piccolo, finire la tua giornata leggendo qualcosa a tuo figlio, gli dimostra quanto tieni a lui e al tempo trascorso insieme. E’ un momento molto intimo, che ti connette a tuo figlio e gli trasmette inoltre il desiderio, un domani, di leggere.

Ora sai in quanti modi puoi diventare un genitore speciale…
Forza! Non ti resta che provare!

Lo sport è salute, ma non dirlo a tuo figlio adolescente!

Oggi parleremo di “adolescenti e sport”: dalla scelta o meno di dedicargli del tempo, ai suoi benefici, ai motivi per cui vogliono praticarlo, alla decisione di abbandonarlo per poi passare  – magari – ad un altro. E scopriremo come noi adulti dobbiamo comportarci di fronte alle loro scelte.

Prima però cerchiamo di capire chi è l’adolescente, così sarà più semplice comprendere le sue mosse.

L’adolescenza ai giorni nostri inizia verso i dieci – undici anni e termina verso i ventiquattro – venticinque. E’ un periodo della vita che coincide con la pubertà, cioè con un importante cambiamento fisiologico, dove si passa dall’essere bambini all’essere adulti sia nel corpo sia nella mente.
Il cervello, infatti, il corpo, le sensazioni, le idee e le curiosità subiscono grandi modifiche.
Inoltre “si cambia carattere” e si acquisiscono nuove capacità: si diventa capaci di prendere decisioni, di pianificare; si avverte la “spinta” ad agire; si hanno nuovi valori e si sviluppano nuove capacità di relazione.
In questa fase di totale cambiamento, i ragazzi hanno bisogno di sperimentare, di fare nuove esperienze, di dimostrare a se stessi e agli altri di “essere capaci”, oltre ad avere tanta energia da scaricare.

Lo sport, da sempre, è sinonimo di salute a tutte le età e durante l’adolescenza lo è ancora di più. Ecco perché i pediatri sono preoccupati: le loro ricerche attestano che gli adolescenti totalmente sedentari sono tantissimi! E il fenomeno riguarda soprattutto le ragazze, in una percentuale che va dal 24% (tra i 15 e 17 anni) al 30% (tra i 18 e i 19 anni).
Secondo i medici, la colpa è da attribuire alle nuove tecnologie (tv, computer o smartphone) che vengono utilizzate per 3 o 4 ore al giorno.
Tuttavia, a peggiorare le cose vi sono anche i genitori. Pensate che in terza media 4 minori su 10 vengono accompagnati a scuola in auto, mentre solo il 24% va a piedi e solo il 9% in bici. E questo non aiuta!
Il problema è davvero serio, visto che il 60% dei giovani italiani trascorre tra le 10 e 11 ore comodamente seduto, mentre dovrebbe praticare almeno un’ora al giorno di attività motoria per raggiungere uno sviluppo psicofisico armonico e salutare.
Basterebbe correre o passeggiare nel parco (magari col cane), fare un giro in bicicletta oppure godersi una nuotata in piscina.
La realtà quindi ci dimostra che i nostri adolescenti non sono sportivi, ma semplici “spettatori” dello sport, che seguono in TV.

Ma cosa cercano i nostri figli nello sport?

Dipende dall’età:
– a 5 – 10 anni vogliono giocare ed entusiasmarsi.
– A 11-14 anni desiderano vedere fin dove possono spingersi e quindi possono programmare e darsi obiettivi a lungo temine, impegnandosi anche nella cooperazione. Questa è la fascia d’età in cui la pratica sportiva è al massimo!
– A 15-20 anni possono scegliere di intraprendere la strada del professionismo oppure di raggiungere e mantenere la migliore forma fisica e la competenza sportiva. Tuttavia le statistiche dimostrano che è il periodo in cui vi è un netto calo nella pratica sportiva.

I motivi per cui gli adolescenti abbandonano la pratica sportiva sono:
– La scuola, per l’eccessivo impegno richiesto dallo studio (56,5%)
– Il tipo di sport , che ormai annoia (65,4%) o è troppo faticoso (24,4%) oppure per la presenza di istruttori troppo esigenti (19,4%)

Cosa fare se nostro figlio vuole abbandonare?

Certamente dobbiamo incoraggiarlo a fare vari tentativi per trovare il suo sport preferito.
Significa che non lo criticheremo se ne inizierà uno e poi lo abbandonerà per provarne un altro.
La cosa importante è che scelga lo sport che gli piace di più e che si alleni per rendere più forti i suoi muscoli.
Pensate a sport aerobici, come nuoto, pattinaggio o corsa, da abbinare a quelli anaerobici come la ginnastica a corpo libero con esercizi di potenziamento e resistenza.

Non dimentichiamo che i ragazzi scelgono di praticare uno sport per:
amicizia, cioè per passare il tempo libero con i componenti del gruppo, oppure
– per naturale ribellione verso l’autorità dei genitori, che magari preferirebbero che il figlio facesse altro.

Il vero criterio da seguire nella scelta, però, dovrebbe sempre essere il gusto personale del ragazzo. Perciò lasciamo che scelga lui! E se sarà per lui una delusione… pazienza!
L’importante è che se ne renda conto da solo e non perché glielo suggeriamo noi!

E se nostro figlio é indeciso, come aiutarlo?

Di sicuro cercando di non imporre qualcosa che piace solo a noi.
Cerchiamo di parlarne con lui: analizziamo insieme le motivazioni della sua possibile scelta, i pro e i contro dei vari sport e poi lasciamogli del tempo per valutare.
In particolare:
Non facciamogli la predica sulla vita sedentaria, la salute, ma parliamo di divertimento e gioco.
– Facciamogli capire qual è la differenza tra sport di gruppo e individuali per valutare quali sono più adatti a lui.
– Diamogli la buona regola di non stare davanti a tv, pc e cellulare per più di 2 ore al giorno, così che abbia il tempo per praticare uno sport o comunque di muoversi.
– Per quanto sia difficile, proviamo a dare il buon esempio, praticando a nostra volta uno sport da soli o insieme a lui.

E quali sono i vantaggi che nostro figlio può ottenere grazie allo sport?

Sicuramente potrà sviluppare alcune caratteristiche positive come l’autonomia e la consapevolezza dei suoi limiti, ma anche allenare il suo spirito di iniziativa, la sua responsabilità, spingendolo alla socializzazione e alla cooperazione.
Lo sport inoltre insegna a pensare, valutare e proporre.
Per questo è considerato altamente educativo, al pari della famiglia e della scuola.

Ora che abbiamo chiaro quanto sia importante che nostro figlio faccia attività fisica, non ci resta che dialogare con lui per… proporgliela!

La lettera che tuo figlio adolescente non può scriverti!

Ho ritrovato questa bellissima lettera del 2015, scritta da Gretchen Schmelzer, psicologa e blogger statunitense, e ho pensato di condividerne la traduzione.

Caro Genitore,
questa è la lettera che vorrei poterti scrivere.

Di questa lotta in cui siamo, ora, ne ho bisogno. Io ho bisogno di questa lotta.
Non te lo posso dire perché non ho le parole per farlo e in ogni caso non avrebbe senso quello che direi. Ma, sappi, che ho bisogno di questa lotta. Ne ho bisogno disperatamente.

Ora ho bisogno di odiarti e ho bisogno che tu sopravviva a questo odio.
Ho bisogno che tu sopravviva al mio odiarti e al tuo odiare me.
Ho bisogno di questo conflitto anche se, nello stesso momento, pure io lo detesto.
Non importa nemmeno su cosa stiamo a litigare: sull’ora di rientro a casa, sui compiti, i panni sporchi, sulla mia stanza incasinata, sull’uscire, sul restare a casa, sull’andare via di casa, vivere in famiglia, fidanzato, fidanzata, sul non avere amici, o sull’avere cattivi amici. Non ha importanza.

Ho bisogno di litigare con te su queste cose e ho bisogno che tu lo faccia con me.

Ho disperatamente bisogno che tu mantenga l’altro capo della corda. Che lo mantenga forte mentre io strattono l’altro capo dalla mia parte, mentre cerco di trovare appigli e punti d’appoggio per vivere dentro a questo mondo nuovo in cui mi sento.
Prima sapevo chi ero io, chi eri tu, chi eravamo noi. Ma ora, non lo so più.
In questo momento sono alla ricerca dei miei confini e a volte riesco a trovarli solo quando tiro questa fune con te. Quando spingo tutto quello che conoscevo al suo limite.
In quel momento io sento di esistere e per un minuto riesco a respirare.
E lo so che ti manca quel dolcissimo bambino che ero.
Lo so, perché quel bambino manca anche a me e a volte questa nostalgia è quello che rende tutto così doloroso in questo momento.

Io ho bisogno di questa lotta e ho bisogno di vedere che i miei sentimenti, non importa quanto tremendi o esagerati siano, non distruggeranno né me e né te.
Ho bisogno che tu mi ami anche quando sono il peggiore, anche quando può sembrare che io non ti ami.
In questo momento ho bisogno che tu ami te stesso e me, che tu ci ami entrambi.
Lo so che fa schifo essere antipatici e avere l’etichetta di “cattivo ragazzo”.
Anche io provo la stessa cosa dentro, ma ho bisogno che tu la tolleri, e che ti faccia aiutare da altri adulti a farlo. Perché io non posso farlo in questo momento.
Se vuoi stare insieme ai tuoi amici adulti e fare un “gruppo di auto-mutuo-aiuto-per-sopravvivere-al-tuo-adolescente”, fa’ pure. O parlare di me alle mie spalle, non mi importa.
Solo ti chiedo di non rinunciare a me, di non rinunciare a questo conflitto. Io ne ho bisogno.

Questa battaglia con te mi insegnerà che la mia ombra non è più grande della mia luce.
Questo conflitto mi insegnerà che i sentimenti negativi non significano la fine di una relazione.
Questo è il conflitto che mi insegnerà come ascoltare me stesso, anche quando questo potrebbe deludere gli altri.

E questa battaglia particolare, finirà.
Come ogni tempesta, sarà spazzata via. E io dimenticherò, e tu dimenticherai.
E poi tornerà di nuovo. E allora io avrò bisogno che tu regga la corda ancora. Avrò bisogno di questo ancora per anni.

Lo so che non c’è nulla di intrinsecamente soddisfacente in questa situazione per te.
Lo so che probabilmente non ti ringrazierò mai per questo, o neanche te lo riconoscerò.
Anzi probabilmente ti criticherò per tutto questo duro lavoro. Sembrerà che tu non faccia niente, che non sia mai abbastanza per me.
Eppure, mi affido interamente alla tua capacità di restare in questa battaglia.
Non importa quanto io polemizzi, non importa quanto io mi lamenti. Non importa quanto io mi chiuda in silenzio.

Per favore, resta dall’altro capo della fune. Sappi che stai facendo il lavoro più importante che qualcuno possa mai fare per me in questo momento.

Con amore, il tuo teenager.

© 2015 Gretchen L Schmelzer PhD

Qui il testo originale: The letter your teenager can’t write you

Insegna ai tuoi figli a guardare avanti!

Chi è “cresciuto” da un po’, sa che viene spontaneo guardarsi indietro e ripensare a ciò che si è fatto.
Capita soprattutto a chi ha dei rimpianti o qualcosa in sospeso.
Magari il famoso “sogno nel cassetto” mai realizzato.

Ma la vita va avanti comunque.
Non si ferma a consolarci né a motivarci.
Dobbiamo farlo da soli, trovando tutta l’energia che serve.

Guardiamo avanti, allora!

Noi adulti possiamo essere davvero utili ai ragazzi, se non ci piangiamo addosso e se non ci rimproveriamo per le scelte sbagliate.
In fondo qualcosa dal passato avremo pur imparato, no?!
E il passato, ormai, è passato. Continuare a torturarci non lo cambierà di sicuro né ci porterà dei benefici.

Ma se abbiamo sbagliato e vorremmo che i nostri figli non commettessero i nostri stessi errori?

Allora usiamo la nostra esperienza passata per far capire ai ragazzi che ci sono mille modi per realizzare il proprio obiettivo e ciascuno deve trovare il suo.

Spieghiamo loro:
– cosa ha funzionato per noi
– cosa crediamo che sarebbe stato meglio evitare.

Facciamo in modo:
– che ascoltino la nostra storia (evitando quindi di narrarla in modo noioso e ripetitivo oppure eccessivamente divertente)
– che ci facciano domande (significa creare volutamente dei “tempi vuoti”… bastano 10 secondi)
– che nasca in loro il desiderio di capire.

Non dovrà essere “una lezione”, ma una “condivisione”.
Un momento intimo da ricordare e di cui fare tesoro per sempre.

Quando i figli rifiutano il dialogo, cosa fare?

Prima erano dei bimbi adorabili, vi raccontavano e vi domandavano di tutto e per voi erano facilmente gestibili. Poi la trasformazione: tra gli 11 e i 17 anni cambia tutto e voi non li riconoscete più. Sbattono le porte, rispondono con un’alzata di spalle e a tavola stanno in silenzio. Poi si attaccano al telefono e parlano con tutti tranne che con voi.

MA CON CHI CE L’HANNO?

Siete voi genitori quelli da cui devono distaccarsi per “crescere” e diventare autonomi.
Perciò cercheranno di farvi sentire in colpa per il tempo che non potete dedicare loro e perché lavorate troppo.
Cercate di non perdere autorevolezza e non lasciate che i vostri figli diventino dei tiranni.

PERCHE’ PARLANO SOLO CON GLI ALTRI?

In casa stanno in silenzio e spesso si chiudono nella loro stanza: evitano di rispondere alle vostre domande, non vogliono parlare di sé. Con gli altri, invece, sono chiacchieroni, allegri e vivaci.
Ovvio che voi li sentiate sempre più distanti da voi, ma non significa che loro non vi amino.
Sentono il bisogno di crescere e per questo spostano la loro attenzione verso il “mondo esterno”, perché non vogliono essere risucchiati da voi e dal mondo che ormai sta loro stretto.

COSA FARE?
Sicuramente rispettare i loro silenzi e non forzarli a parlare.
Piuttosto siate voi genitori a parlare con loro, raccontando la vostra giornata o coinvolgendoli nelle decisioni che riguardano tutta la famiglia.

PARLA CON ME SOLO QUANDO VUOLE QUALCOSA.

Provate a domandarvi: “Ma io come comunico con lui?”.
Vi renderete conto che le vostre domande sono generalmente legate a fatti: “Hai fatto i compiti?”, “Hai messo in ordine la tua stanza?”, “Con chi esci?”.
Manca la “comunicazione interiore”, cioè quella delicata, sensibile.
“Ho notato che sei un po’ triste: va tutto bene con la tua ragazza?”, “Senti, ma quali sono le materie che ti piacciono di più a scuola?”.
In questo caso le domande non danno l’idea dell’interrogatorio e i figli capiscono che “ci siete” e sarete lì sempre per loro, anche se in quel momento non sono pronti a darvi una risposta.
Perciò, non state ad origliare le loro telefonate o a curiosare sul loro diario segreto…

Semmai, fate i conti con le vostre paure. Di che cosa avete davvero paura?

Siate sinceri con vostro figlio e ditegli la verità in modo semplice: “Ho paura quando esci, se non so con chi sei e che cosa farai”.
Se poi non ricevete risposta e vi ritrovate faccia a faccia col muso lungo di vostro figlio, be’, non iniziate una guerra verbale con lui. Tanto è inutile.
Senza rendersene conto, scarica su di voi la sua rabbia, che è l’unico modo per staccarsi da voi.

COME INTERVENIRE?

Siate distaccati, non fatevi coinvolgere.
Non perdete autorevolezza, ma evitate lo scontro.
Spiegategli che, se è arrabbiato per qualcosa che non c’entra con voi, vi dispiace, ma le delusioni e i dispiaceri sono una cosa normale nella vita. Si superano. Per questo è ingiusto che se la prenda con voi.

E SE SI CHIUDE IN CAMERA SUA?

I figli ne hanno bisogno: quando sono tristi, arrabbiati o hanno voglia di tranquillità.
Cercano uno spazio privato in cui sentirsi liberi.
Stanno sul letto e fissano il soffitto: in questo modo ritrovano se stessi, pensano, imparano a stare senza il gruppo, fanno pace con se stessi e tornano in forze per affrontare la Vita.

UNA BUONA OPPORTUNITA’: UN MENTORE.

Se proprio non riuscite a dialogare con vostro figlio, ma vi accorgete che lui ha stabilito un buon rapporto con uno zio o con un Teen Coach o con un insegnante di cui si fida, fatevi da parte e lasciate spazio a questo mediatore del quale avete fiducia.
Può essere una soluzione vincente, perché l’importante è che vostro figlio si confronti e parli con un adulto che sia capace di guidarlo.