Se “ci metti la faccia”… sei un leader positivo!

Oggi si sente tanto parlare di “leader” sia in campo professionale, che sportivo, politico, culturale.

Il leader è una persona che “guida” un gruppo e spesso il termine viene tradotto con “capo”, perché deriva dal verbo “to lead” che in inglese significa dirigere, guidare.

Ma “capo” e “leader” in realtà non sono proprio la stessa cosa.

Sul lavoro capita a tutti di sottostare a un capo, ma… di considerarlo un leader?

Conosco certi personaggi, che sono stati “capi” e per questo formalmente rispettati, ma che – una volta andati in pensione – sono stati ricordati solo per le loro pessime decisioni o per i loro comportamenti scorretti.

Possiamo considerarli, dunque, dei leader?

La Storia, d’altro canto, ci ricorda l’esistenza sia di leader negativi sia di positivi

Ma è solo di questi ultimi che voglio parlarvi oggi.

Diciamoci la verità: essere leader positivi non è “roba per tutti”.
Dipende da come si è, dai valori che si hanno, dagli scopi che ci si pongono e dall’autostima che si possiede.

Voi pensate di essere o di poter essere dei leader positivi?

Magari lo siete e non ve ne rendete conto, perciò mettetevi sotto la lente d’ingrandimento e vediamo quanti tra voi lo sono o lo possono diventare.

Al lavoro, a scuola, nello sport

un leader non è chi cerca di “influenzare” gli altri, dispensando loro consigli non richiesti e “vendendosi” come la persona più disponibile del mondo

(soprattutto coi nuovi arrivati) con il preciso, ma subdolo intento di crearsi alleati e “avere tutto sotto controllo” per poter avere ampi spazi di manovra nel realizzare ciò che desidera per sé.

Il vero leader non ha tempo per cose simili, né per invidie o gelosie o misere competizioni.
Brilla perché “ci mette la faccia” in tutto ciò che fa.

Se ne assume la responsabilità e non ha paura di dimostrarlo.

Quando qualcuno fa qualcosa che lo indispettisce, non gli punta il dito contro, ma chiede semplicemente chiarimenti mettendo da parte atteggiamenti accusatori, perché lo scopo è fare chiarezza.

Un leader positivo non “crea” problemi, li risolve e, sì, può anche sbagliare, ma non lo fa mai in malafede, perché il suo unico scopo è far funzionare al meglio le cose, impegnandosi in prima persona.

Il vero leader, infatti, si misura con se stesso, non gareggia con gli altri per dimostrare a tutti che lui è il più bravo e la sua squadra è la migliore.

Cerca invece di migliorare ogni giorno e far sì che il suo team possa crescere.

Il leader positivo quindi si rimbocca le maniche e coinvolge gli altri senza sfruttarli, guarda oltre le piccolezze e riflette su ciò che è meglio per tutti e non solo per sé.

Che dite?
Vi siete riconosciuti ?

Se vi siete resi conto di essere persone così, non nascondetevi!
Abbiamo così tanto bisogno di leader come voi!

Scopri perché non riesci a raggiungere i tuoi obiettivi!

Quante volte ci lamentiamo di non riuscire ad avere ciò che vogliamo?

Sì, lo desideriamo, ma poi “ci perdiamo” oppure non sentiamo più la spinta necessaria a ottenerlo.

E guardiamo chi invece ce la fa, sentendoci “dei perdenti” (si trattasse anche semplicemente di seguire una dieta dimagrante).

Ma perché c’è chi ce la fa e noi no?

Ammesso che il nostro desiderio sia concreto, ciò che fa la differenza viene prima del “mettersi in cammino” e consiste nel definire chiaramente lo scopo per cui vogliamo fare quella determinata cosa.

Facciamo un esempio: prima di iscriverci in palestra, dobbiamo chiarire con noi stessi il motivo per cui vogliamo fare attività fisica.

Per dimagrire? Per tonificare? Per scaricare le tensioni? Per svagarci?

Domandarci, quindi: “Ma io so che cosa voglio?”.

Questo vale in tutti i settori della nostra vita.

Oltre a questo dobbiamo provare il grande desiderio di arrivare al risultato che vogliamo.

Senza il desiderio, infatti, non arriveremo da nessuna parte, perciò domandiamoci:

“Da 0 a 10, quanto desidero realizzare quel mio desiderio?”.

E se la risposta è “5”, significa che quell’obiettivo non è poi così importante per noi.

Al contrario, più ci avviciniamo al 10 e più vorrà dire che siamo convinti di volerlo raggiungere.

E’ fondamentale comprendere questa cosa, perché i desideri, i sogni, gli obiettivi sono una bella cosa e possono regalarci euforia e gioia nel momento in cui li formuliamo, ma ricordiamoci che, per non restare soltanto tali, devono essere trasformati in azioni concrete.

Perciò, se abbiamo tutto chiaro… Diamoci da fare!

Impariamo ad accettare i complimenti!

Una mia caratteristica è quella di essere molto attenta alle persone che mi circondano, siano esse amiche o semplici conoscenti.
Mi soffermo sulle espressioni del loro viso, noto se calano o aumentano di peso, se hanno un nuovo taglio di capelli, se cercano angoli di solitudine…
Insomma, qualche adolescente – in modo scherzoso e affettuoso – dice che “non mi scappa niente”.

Fatto sta che settimana scorsa mi è capitato, entrando in classe, di notare immediatamente che uno dei miei studenti avesse cambiato il suo taglio di capelli.

Me ne sono accorta anche se era in fondo alla classe e davanti a lui, in piedi, c’era una compagna molto alta.
Non ho perso tempo ed essendo molto spontanea, gli ho fatto giungere il mio apprezzamento con un sonoro: “Woww! Hai tagliato i capelli! Stai proprio bene!”.

Momento di silenzio: tutti si sono girati a guardarlo, come non si fossero accorti, nonostante fossero in classe da due ore.

Lui, che cercava di nascondere l’imbarazzo, si è affrettato a replicare: “Ma no… Li ho appena spuntati sui lati!”.

Signori, vi garantisco che il taglio era completamente diverso: capelli cortissimi e ciuffo ingellato all’indietro!

Perché vi racconto questo fatto?

Perché anche noi adulti siamo soliti minimizzare, quando ci viene rivolto un complimento: al posto di riceverlo, di apprezzarlo e ringraziare, cerchiamo di toglierci subito dall’impaccio, come fosse qualcosa di negativo da cui scappare.

Ci avete mai fatto caso?

E’ un po’ come dire: “Meglio le scarpate in faccia!”.

Che cosa ci impedisce di rispondere un sincero “Grazie!”, accompagnandolo magari con un bel sorriso spontaneo?

Secondo voi, chi vi ha mosso quel complimento, preferirebbe ricevere una risposta evasiva o un bel “grazie”, ovvero la conferma che avete gradito il suo apprezzamento?

Sono certa che sia il “grazie” ciò che vorrebbe ascoltare!

Se una sola parola ci sembra poco, per uscire dall’improvviso imbarazzo, potremmo aggiungere: “Grazie! Sei molto gentile!” o “Grazie! Mi fa piacere!” o ancora “Grazie! Wow! La mia autostima è cresciuta con questo tuo complimento!”.
Insomma, a seconda del vostro carattere, potete scegliere che cosa aggiungere…
Ma non minimizzate!

Godetevi quel momento…
Sono così pochi i complimenti e così tante le critiche distruttive!

La nostra autostima si nutre anche di commenti positivi, che magari sono conferme per noi.

Pensate a quello studente che certamente ha voluto cambiare quel taglio di capelli per apparire più carino, più cool…
Rendersi conto che qualcuno – all’infuori dei familiari – abbia apprezzato, gli dà la conferma di aver scelto bene (imbarazzo a parte!).

Perciò… sforziamoci di “accogliere” i complimenti: gioiamo nel riceverli e facciamone tesoro.

Magari, come già stanno facendo i miei studenti,

trascriviamoli su un nostro quaderno: così resteranno per sempre e ci aiuteranno a superare quei momenti in cui – di noi – vedremo solo gli aspetti negativi.

 

Dodici passi per accrescere l’autostima dei figli.

Sapete qual è una tra le maggiori preoccupazioni dei genitori?
La scarsa autostima del proprio figlio.

Vediamo quindi qualche consiglio, prendendo spunto dalle affermazioni di Kenneth Barish, uno psicologo infantile che sostiene che lodare i figli per i loro successi li aiuti ad accrescere l’autostima.

1. Diciamo loro che siamo orgogliosi di ciò che fanno per “gli altri”.
E “gli altri” sono anche la mamma e il papà. Perciò è bene che rimettano a posto la loro camera, i loro giochi, apparecchino e sparecchino. A ciascuno il suo compito: la famiglia è una squadra!

2. Esprimiamo la nostra felicità per i piccoli-grandi successi che raggiungono.
Questo sarà il trampolino di lancio verso nuove sfide da cogliere senza timore.

3. Aiutiamoli a gestire e a manifestare le emozioni.
E’ importante che imparino a non fare un dramma di fronte a certe delusioni.
I problemi si possono risolvere.

4. Teniamoli lontani dai nostri momenti di rabbia e frustrazione.
Quando siamo nervosi o stressati, cerchiamo di isolarci e di “sbollire”.
Ricordiamoci che i nostri figli non sono responsabili del nostro malessere.

5. Non critichiamoli, ma incoraggiamoli.
Dire: “Ma io non lo critico: cerco solo di spronarlo” è una bugia.
Incoraggiarli significa far sentire loro che ce la possono fare ed è ben diverso che criticarli.

6. Insegniamo loro l’importanza di rispettare i bisogni e i sentimenti degli altri.

7. Ascoltiamo la loro versione della storia, quando “combinano” qualcosa.
E’ importante far capire che li ascoltiamo, anche se poi facciamo notare loro che cosa stanno sbagliando.

8. Alleniamoli ad aver pazienza.
Se stiamo parlando con qualcuno, se stiamo telefonando, cucinando, ecc. facciamo loro capire che non devono interromperci, ma attendere il loro turno.

9. Rendiamoli responsabili.
Affidiamo loro dei piccoli compiti di responsabilità (per esempio apparecchiare, o accudire e insegnare ai più piccoli). Questo permetterà loro di diventare degli adulti più premurosi e attenti alle esigenze degli altri.

10. Diciamo “no”, ma con calma e senza aggressività.

11. Facciamo capire ai bambini di aver infranto le regole.

12. Non iniziamo le frasi con “se non”.
Capita di voler ottenere qualcosa da loro e iniziare la nostra frase con “Se non…”. Ma sbagliamo!