Didattica a Distanza: se suggerisci a tuo figlio, non hai fiducia in lui.

Siamo in dirittura d’arrivo: non manca molto alla fine della scuola e – sebbene a distanza – è tempo di verifiche e di interrogazioni di recupero per chi ha dimostrato lacune o scarso impegno.
La Didattica a Distanza è un palliativo: utile a tamponare una situazione di emergenza, ma non paragonabile al lavoro in presenza.
Una cosa però è certa: se bisognava studiare prima, si deve studiare anche ora.
Se si vuole imparare qualcosa, a qualsiasi età, bisogna mettersi seduti, concentrarsi e … studiare.
E trovo rassicurante rendermi conto che gli studenti onesti siano rimasti tali e affrontino le verifiche senza imbrogliare.

Però – ahimè – sono parecchi i docenti che hanno lamentato la presenza di genitori che suggeriscono, che forniscono le risposte ai test, alle verifiche.

Mi riferisco alla scuola secondaria di primo grado, la cosiddetta ex scuola media, dove i genitori si ritrovano spesso a seguire i figli non ancora completamente autonomi.

E non mi riferisco certo a quei bravi genitori che in questi mesi si sono prodigati nell’affiancare i figli nello studio, nell’eseguire insieme quei problemi di matematica che risultavano incomprensibili, a quelli che – libro aperto alla mano – hanno “provato la lezione” per accertarsi che i figli la sapessero…
Non mi riferisco a quei genitori che hanno ripreso a ripassare inglese, francese, spagnolo… O che hanno cominciato a studiarlo da zero pur di essere d’aiuto…
Insomma, a quei genitori che hanno sostenuto, affiancato, preparato i propri figli giorno dopo giorno, compreso nel week-end, ma che poi li hanno lasciati “liberi” di affrontare le verifiche e le interrogazioni da soli, in piena autonomia.

Perché, vedete, suggerire o sostituirsi a un figlio durante una prova che prevede una valutazione, non è solo imbrogliare. Sul piano educativo significa allenare i figli ad essere disonesti, furbi, a considerare che “il fine giustifica i mezzi”. Della serie: perché fare fatica se c’è una facile scappatoia?

E allora penso che per qualche ragazzo il passo, in futuro, a commettere un illecito sia breve. Lavorare? E perché mai?! Basta rubare…
E se a insegnare una mentalità tanto scorretta è il genitore… quello che gli vuole bene… Allora significa che è giusto e non sbagliato.

Non solo.

Suggerire le risposte è un atto di sfiducia nei confronti di un figlio. E’ esattamente come dirgli: “Credo che tu non sia in grado di superare questa prova senza il mio aiuto”.

Se ci pensate, è come sottolineare la sua inadeguatezza.
Pensate alla sua autostima: secondo voi, ne uscirà rafforzata in questo modo? Oppure diventerà ancora più insicuro, più incerto?
E come credete che si sentirà, ricevendo un bel 9 o 10 immeritato?
Al posto di aiutarlo, lo demoliremo.

Gli insegneremo a vivere di bugie, di apparenza.

Già, perché se quel voto non è frutto di ciò che sa, “apparirà” studioso, bravo, ma non lo sarà veramente.
Tutti i docenti si aspetteranno da lui grandi prestazioni… Voti che, ripresa la didattica in presenza, non sarà più in grado di mantenere. E allora… quale delusione, quale frustrazione!

I preadolescenti hanno bisogno di crescere, di fare esperienze, di vivere i fallimenti e di superare gli ostacoli. In questo senso devono avere la certezza che saremo lì, al loro fianco, per sostenerli e incoraggiarli. Persino per stare in silenzio e lasciar parlare il nostro abbraccio.

Hanno bisogno di adulti responsabili, seri, di “valore”.
A loro non servono adulti falsi, furbi, che vivono di apparenza…
Perché ciò che desiderano di più è “essere autentici” ed essere apprezzati per ciò che sono davvero.

Un voto è solo un numero. Misura la prestazione di quel momento.
Ciò che sei o diventi, invece, è per sempre.

Non dimentichiamocelo!

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